Le immagini presentate in internet delle terme Sibarite e di tutta la struttura raffigurano la sua reale bellezza. Chi vi soggiorna riscontra un complesso ospitante, accogliente, riposante con un piccolo, bello e piacevole parco, la cui amenità ispira le coppie a un felice e stretto abbraccio, lasciando, poi, testimonianza con l’abbandono dei non più utili accessori. Lo scrivo per esperienza, avendovi soggiornato perché bisognoso di cure termali.
Ricordo con immenso piacere il personale alberghiero con la buona cucina, il gentile e educato bagnino e il personale del Centro di Riabilitazione. Con rammarico ricordo la tumultuosa sospensione delle cure presso questo reparto, a causa, credo, della mia stupida e incivile reazione al medico responsabile, che ho potuto contattare solo dopo tredici giorni di assenza. Il Dottore deve ricordare che io ho reagito, ripeto stupidamente e incivilmente alzando la voce, quando Lei battendo la mano sul tavolo mi ha rimproverato, con modi adirati, di essermi recato in Direzione a reclamare la sua lunga assenza. Sì! Sì! incivilmente ho gridato. In quell’istante mi è passata per la mente la Sua figura di quando, il secondo giorno dall’inizio del mio soggiorno, Le chiesi di curarmi pure la cervicale e Lei con atteggiamento autoritario e superbo, nel corridoio, presenti gli altri ammalati, mi ha risposto “ qui comando io, questo lo decido io e si eseguono le cure quando le prescrivo io. Punto e basta”. Risposta indisponente, arrogante e intollerabile, che ha predisposto il mio animo a reagire al primo sgarbo. Infatti, di quanto ho apprezzato il Suo atteggiamento, Dottore, lo può chiedere alla Dottoressa responsabile del reparto fangoterapia, che ho pregato di assistermi quando sarebbe rientrato, prevedendo quanto poi è accaduto. Piuttosto, mi aspettavo da Lei, Dottore, rincrescimento per non aver potuto provvedere alla cura dei miei dolori. Infatti, la mia fisioterapista ha dovuto sospendere gli esercizi a terra, come può informarsi. Io, saputo dell’esistenza dei cunicoli e speranzoso di trovare sollievo nell’acqua calda corrente, che immagino vada poi perduta, ho più volte chiesto di usufruirne; ma, sia il personale di ricezione, sia i medici mi hanno risposto che non si potevano godere senza l’ autorizzazione del medico responsabile del reparto. Anche se nella lettera di dimissioni si precisa di aver programmato pure esercizi in camminamenti. Il Centro di Riabilitazione si deve ricordare che, “ a chissu chà pe ciù caccià dananzi “, come ho sentito parlare in ricezione, voleva consegnare un irregolare lettera di dimissioni. Sentito questo lessico di valutazione, per avere il giusto documento ho dovuto chiamare i Carabinieri. Gentiluomini e ottimi operatori, i quali dopo avere provveduto a farmi avere il documento conforme alla regola, notato un vecchio di ottanta anni, si sono preoccupati anche della mia salute, cosa che non avete fatto tutti voi. Grazie ancora alla Benemerita. La Sua lettera di dimissioni, Dottore, con la discutibile diagnosi “ di non potere eseguire gli esercizi in vasca perché il primo giorno si è sentito male ” la ritengo solo consequenziale alla mia reazione. La giudico discutibile perché ho fatto due cicli di fangoterapia presso lo stesso stabilimento senza alcuna reazione negativa. Diversamente, però, di quando ho fatto l’unico esercizio in vasca, il medico del reparto bagni mi ha proibito di assumere qualsiasi medicinale e di presentarmi digiuno al bagnino. Da bravo professionista, Dottore, avrebbe dovuto sapere che la compressione delle radici nervose può procurare incontrollabili irritazioni, come ho detto al ministro della sanità. Da medici responsabili avreste dovuto gestire il non quieto momento diversamente, conoscendo la mia persona già da quindici giorni. Invece, deontologicamente, mi avete abbandonato sino alle ore quindici, nonostante mi sentissi abbattuto. Ringrazio il personale del bar che, vedendomi in condizioni precarie per la guida, mi ha obbligato a non partire, mettendo in agitazione la mia famiglia per il notevole ritardo. Dovrebbe rimproverarselo Dottore se, veramente con gli esercizi in acqua, aveste potuto migliorare le condizioni fisiche a un paziente ottantenne.
Per chiarire la questione ho scritto, il ventidue di giugno c. a., alla Direzione Generale di Cosenza e al Tribunale dei diritti del Malato. Purtroppo sono rimasto deluso. Dopo circa due mesi dalla data d’invio della mia raccomandata, esattamente il successivo ventisette agosto ho sentito per telefono l’incaricato ai ricorsi degli assistiti dell’Asp di Cosenza. Questi ignorava la mia raccomandata, forse smarrita, e me ne ha chiesto un’altra copia, che io ho immediatamente inviato. Non so se questo dirigente aziendale si è voluto prendere gioco di me, non istruendo la domanda e non rispondendomi. Se ciò fosse vero, a questo dipendente e agli altri come lui, ricordo che questo è un gioco molto pericoloso, che non solo fa aumentare la perdita di fiducia nell’Istituzione Sanità, quanto può procurare reazioni imprevedibili al cittadino- azionista di questa industria. Ancora il successivo due di ottobre ho scritto sia al Ministro della sanità sia al nostro Presidente regionale. Quest’ultimo il dodici di ottobre mi comunica di aver girato il problema da esaminare e da esporgli al dirigente dipartimento tutela della salute, ma sino a oggi nessuna risposta di chiarimento. Non so Presidente cosa pensare di questi nostri impiegati-dipendenti della sanità e anche di voi politici, che anch’io, ancora, contribuisco a pagare. Dobbiamo ritenervi dipendenti da noi stipendiati solo per fare i vostri affari nella più assoluta trascuratezza di ogni domanda dei cittadini? Oppure il Presidente regionale, per nostro conto, li assume come suoi fiduciari per fare solo i suoi interessi, specialmente, in queste occasioni elettorali? Penso di avere atteso più del tempo previsto dalla legge 241/90 e ignoro a quale altro Ufficio possa inviare domanda. So di potermi rivolgere all’Autorità Giudiziaria, ma non intendo farlo perché sono cosciente che è oberata di problemi molto più importanti.
Ormai, io sono un vecchio pensionato e invalido. Nel volere rendere pubbliche le disfunzioni nella sanità, intendo contribuire a migliorarle, affinché il cittadino, un domani, possa sentire più vicina l’Istituzione che sovvenziona. Non so se quanto descritto sia dovuto alla giovane età e all’inesperienza del medico del centro riabilitazione o, come avviene in ogni ufficio pubblico, alla presunzione di agire superbamente perché protetto da uomini politicanti. Qualora dovesse sussistere, questa seconda ipotesi è bene che si ravvedano, perché un giorno dovranno dimostrare il loro valore.
Luigi Maccarrone
Rossano, 21 febbraio 2013