Viktoriya siede in un bar, s’è fermata per un caffè. Lavora lungo la trafficatissima Statale 106. E’ di nazionalità bielorussa, mora, occhi scuri ed inquieti. Ha poca voglia di parlare: «Ormai me la so cavare bene sulla strada. La mia pelle sembra morbida, invece è molto dura. So come trattare il mio lavoro».

Senza documenti e con qualcuno che, inevitabilmente, la protegge. Come decine di altre ragazze di diverse nazionalità “esposte” sulle strade della Sibaritide.
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