Care amiche e amici, vogliamo aprire la serie dei nostri comunicati, di questo neo 2014, con un’argomentazione che, dopo lunghi anni di cambiamenti politici, intellettuali e culturali, possiamo affrontare con la massima serenità. È la prima volta che, pubblicamente, commemoriamo le vittime della cruenta strage di Acca Larentia.
La denominazione surrichiamata è la coniazione giornalistica di quel tempo poiché, il pluriomicidio a sfondo politico, avvenne in via Acca Larentia a Roma, davanti la sede del Movimento Sociale Italiano, il 7 gennaio del 1978 in cui furono uccisi tre giovani attivisti del Fronte della Gioventù: Franco Bigonzetti, Francesco Ciavatta e Stefano Recchioni. Ebbene, per cercare di capire meglio la vicenda, proviamo a ricostruire al meglio i fatti: verso le 18:20 del 7 gennaio 1978, mentre un gruppo di militanti si apprestavano ad uscire dalla sede romana del Movimento Sociale Italiano, per pubblicizzare con un volantinaggio un concerto del gruppo di musica alternativa di destra Amici del Vento, cinque giovani attivisti di destra furono investiti dai colpi di diverse armi automatiche sparati da un gruppo di fuoco formato da 5 o 6 persone: uno di loro, Franco Bigonzetti, ventenne iscritto al primo anno di medicina e chirurgia, rimase ucciso sul colpo. Vincenzo Segneri, seppur ferito ad un braccio, riuscì a rientrare all’interno della sede del partito e, assieme agli altri due militanti, Maurizio Lupini e Giuseppe D’Audino, rimasti illesi, a chiudere la porta blindata dietro di loro e a sfuggire all’agguato di stampo terroristico. L’ultimo del gruppo, Francesco Ciavatta, studente di diciotto anni, pur essendo ferito tentò di fuggire attraversando la scalinata situata a lato dell’ingresso della sezione ma, inseguito dagli aggressori, fu colpito nuovamente alla schiena e morì in ambulanza durante il trasporto in ospedale. Le prime indagini non portarono a conclusioni di rilievo: solo nel 1988, grazie alle confessioni di una pentita, Livia Todini, si arrivò all’arresto di alcuni militanti di Lotta Continua, Mario Scrocca, Fulvio Turrini, Cesare Cavallari e Francesco de Martiis. Scrocca, il giorno dopo essere stato interrogato dai giudici, si tolse la vita in cella. Gli altri tre arrestati furono assolti in primo grado per insufficienza di prove, stessa sorte toccò ad un’altra imputata latitante, Daniela Dolce che riuscì a non farsi catturare e che in seguito scappò in Nicaragua. Giovane Italia Rossano, in conclusione, vuole serbar memoria alle vittime di quella strage. Una triste vicenda che, sicuramente, resterà cristallizzata, nell’animo dei più, come uno dei momenti maggiormente dolorosi della storia recente del nostro Paese. Oggi, però, a distanza di trentasei anni è giusto commemorare quei ragazzi che credevano fortemente in ideali, ideologie e valori politici, elementi, attualmente sfioriti e svaniti nel nulla.
Giovane Italia Rossano