La triste vicenda che, da due anni a questa parte, sta investendo i militari italiani Latorre e Girone, ha dell’irrazionale e desta sconforto, nell’animo dei più, per un caso tuttora aperto e da definirsi. Nel mentre il governo italiano si defila dal cercare una netta soluzione diplomatica, il vice presidente della Commissione Europea, Antonio Tajani, alla luce, in ultimo, di una incalzante ipotesi da parte del governo indiano di voler applicare la pena capitale, è fermamente intenzionato a bloccare l’accordo di libero scambio Ue-India per il caso Marò.

Ebbene, prima di entrare nel merito di tale notizia, cerchiamo di ricostruire i fatti al fine di poter meglio comprendere la questione.
Secondo la versione italiana, il 15 febbraio 2012, al largo delle coste indiane del Kerala, la petroliera battente bandiera italiana Enrica Lexie, in trasferimento da Galle (Sri Lanka) a Gibuti, con un equipaggio di 34 tra ufficiali, sottufficiali e comuni, inclusi 19 indiani, accompagnati da 6 fucilieri di marina del 2º Reggimento “San Marco” della Marina Militare in missione di protezione pirateria della nave mercantile nelle acque internazionali è stata avvicinata, con manifesta intenzione d’attacco, da un natante. L’imbarcazione non identificata, procedeva nella sua direzione senza rispettare l’alt intimato dai segnali luminosi del mercantile italiano. Nel corso dell’episodio i militari del reggimento San Marco imbarcati sulla Enrica Lexie, con compiti antipirateria, hanno esploso alcuni colpi di avvertimento per mettere in fuga l’imbarcazione sospetta.
Secondo la versione indiana, invece, l’ incidente avrebbe causato la morte di Ajesh Pink e Valentine, altrimenti detto Gelastine, nativi rispettivamente del Tamil Nadu e del Kerala, imbarcati su un peschereccio impiegato in normali operazioni di pesca.
Le autorità italiane, pertanto, sostengono che la giurisdizione sul caso sia italiana, in conformità al diritto internazionale generale e convenzionale, in quanto il fatto sarebbe avvenuto in acque internazionali su una nave battente bandiera italiana, ed essendovi coinvolti militari italiani, operanti nell’ambito di un’operazione antipirateria raccomandata da norme internazionali. Mentre, secondo le autorità indiane, l’incidente sarebbe avvenuto nella cosiddetta fascia contigua, in cui vige comunque il diritto di giurisdizione dello Stato costiero.
Orbene, alla luce di questa ricostruzione e della paventata intenzione da parte del governo indiano di voler applicare la pena di morte ai due militari italiani, d’istinto ci vien da riflettere che, come il governo Monti, anche il governo Letta è impotente e ha le mani legate facendo, per di più, orecchie da mercante.
In due anni, quindi, abbiamo assistito solo a uno squallido scenario da melina giudiziaria. In tale vicenda, sicuramente, il vice presidente della Commissione Europea è l’unico che ha le idee chiare soprattutto sul punto in cui: “…non penso che si possa portare avanti un negoziato tra Ue e India su un accordo di libero scambio quando l’ipotesi di una condanna a morte viene presa in considerazione contro cittadini europei che combattono la pirateria marittima…”.
Giovane Italia Rossano, in conclusione, auspica che tale vicenda possa trovare una concreta soluzione e un sereno epilogo. Gli incidenti diplomatici vanno risolti con la massima autorità e abilità e non di certo con sterili negoziati.

           Giovane Italia Rossano