Oltre un mese fa il rappresentante dei Radicali, Emilio Quintieri, aveva affidato ad alcuni social network alcune sue riflessioni all’indomani di una visita effettuata all’interno del carcere di Rossano, accusando lo Stato di essere “istigatore al suicidio” perché trattiene in carcere un detenuto per quarant’anni. Ma accanto a ciò l’esponente radicale aveva fatto altre considerazioni.

Quanto affermato da Quintieri oggi è al centro di una lettera aperta del delegato regionale del Sappe (il sindacato autonomo degli agenti penitenziari), Nicola Agazio, che invita l’esponente dei Radicali a rivedere le gravi affermazioni fatte. “Quanto affermato da Quintieri – afferma Agazio – è un insulto inaccettabile, indirizzato nei confronti di chi, con immenso orgoglio, rappresenta lo Stato anche, e non solo, nelle patrie galere. Gli appartenenti al corpo della Polizia penitenziaria – afferma ancora l’esponente del Sappe – sono servitori di uno Stato che attende come fine preciso al reinserimento sociale ed alla rieducazione di che compiuto crimini, violando le regole che uno dei poteri politici dello Stato ha dettato e per i quali un altro potere dello Stato (giudiziario) ha comminato una pena di cui noi (Polizia Penitenziaria) ne siamo garanti dell’esecuzione. Gli agenti – afferma ancora Agazio – salvaguardano, sempre, comunque e ad ogni costo, il bene più nobile e prezioso a cui lo Stato e il consorzio sociale attende, la vita. Va sottolineato – aggiunge il rappresentante del Sappe – che lo stesso “stato istigatore”, attraverso la professionalità e senso d’umanità dei poliziotti penitenziari, ha salvato tante vite umane in carcere, riuscendo a contenere nel 5% i tentativi di suicidio portati a compimento dai reclusi (su cento tentativi solo cinque, e sono ugualmente tanti, hanno avuto tragico epilogo). Altresì è giusto far presente – conclude Agazio – l’altra faccia della medaglia e cioè che lo “stato istigatore” è il medesimo che il 2 dicembre, proprio nel penitenziario di Rossano, è stato vittima, aggredito e violentato da un ergastolano, appartenente ad una organizzazione criminale denominata “camorra”, pluriomicida, il quale con inaudita violenza fisica, ha oltraggiato un servitore dello stesso”.

Giacinto De Pasquale