Due ore, due ore e mezza, quando va male, per un Calvario che ha un inizio ma che sembra non avere una fine. Siamo nella Piana di Sibari, Area urbana per la precisione.

Da Rossano o Corigliano che sia, ad esempio, ci si deve avviare non certo per gaudio verso il capoluogo. Il lavoro o le mille odissee fra la miriade di quelli che oggi sono uffici accentrati (una volta, è giusto rammentarlo agli smemorati, erano dislocati fra i due comuni), chiamano.

Di solito basterebbe un’oretta per raggiungere Cosenza dallo Ionio. Non oggi, non ieri, non domani e chissà fra quanto. Perché l’Odissea ha inizio quando ci si avvia, magari di buon ora. Durante il viaggio v’è da decidere quale strada imboccare: la diga di Tarsia, più breve e un po’ meno agevole? Da Thurio via Apollinara fino a Spezzano? Da Sibari, sempre fino a Spezzano?

Dipanare l’amletico dubbio risulta un’impresa perché, di riffa o di raffa, tutte le vie di comunicazione in questione sono interessate da lavori, a lunga, media e breve scadenza. La ragione spinge ad imboccare la via più breve: giunti a Cantinella, nessun intoppo se non qualche trattore o qualche camion che rallentano esponenzialmente la “corsa”.

Il primo, grave, gravissimo problema sorge al bivio verso Terranova da Sibari, sulla strada della diga. Ebbene, senza alcun segnale precedente (non si potrebbe segnalare il problema, magari a Cantinella, così da poter individuare un percorso alternativo e non fare il saliscendi sulle colline e almeno 20 chilometri in più percorsi fra i paesi?) ecco la chiusura della strada per gli ormai consueti lavori di rifacimento ordinati da Oliverio quando ancora era presidente della Provincia. Da almeno 3-4 anni va avanti la “tiritera” dei lavori nel primo “lotto”, quello che comprende il tratto dall’uscita autostradale al cimitero di Tarsia.

La chiusura ci costringe a inerpicarci verso Terranova e poi dopo aver superato Tarsia chiudere l’anello al bivio del cimitero da dove riprendere il viaggio verso Ferramonti, quindi sull’autostrada. Tempo totale sul “giro”? Si parte alle 8 e si giunge a Cosenza alle 10,30. Fate voi i conti.

Qualche giorno prima, la “sliding doors” sulle decisioni da prendere per determinare la strada verso il “capoluogo” ci spinge sulla statale 534, quella, per intenderci, che si imbocca dalla 106, giunti ai semafori dei Laghi di Sibari e che si spinge priva verso Spezzano e poi verso Firmo a seconda se si debba imboccare la A3 in direzione sud o nord.

Anche su questa arteria i lavori abbondano ed il traffico non manca. Dai mezzi agricoli che fungono da tappo alla coda di avvocati che dallo Ionio devono, loro malgrado, raggiungere Castrovillari via “Vigne”. Ecco un’altra impresa titanica perché paradosso vuole che grazie ai lavori, prima si debba “scendere” a Spezzano per poi “risalire” a Castrovillari. Il tutto “allungando” di diversi chilometri e dilatando il tempo necessario. Se prima per percorrere una sessantina di chilometri che separano Rossano e Castrovillari erano necessari circa 45 minuti, oggi per via dei lavori sulla 534 ci vuole quasi un’ora e mezza. Mezzi pesanti e agricoli permettendo.

A ben vedere, ne risulta una Piana Di Sibari per molti aspetti isolata, tanto che dai comuni del Basso Jonio, altro paradosso, converrebbe raggiungere Cosenza via Silana-Crotonese compiendo il giro del “mondo” scavallando la Sila.

Un isolamento, insomma, che la Sibaritide paga a caro prezzo. E che sta divenendo anche simbolico perché questa ormai landa di terra desolata di “appena” 200 mila abitanti è stata abbandonata dall’amministrazione centrale e della politica.

Può una società civile che si reputa avanzata – chiunque potrebbe chiedere – consentire l’isolamento di un territorio senza colpo ferire? Può una classe dirigente non valutare che anche i loro figli cresceranno in questo “deserto”, privo di tutti i diritti costituzionalmente garantiti come sanità, giustizia, mobilità?

Nel 2015 si può ancora dar credito a pregiudizi storici o antipatia personali ed a pelle, e quindi anteporre tutto ciò al bene comune,fregandosene delle generazioni a venire perché tanto, prima ne se sarà andato all’altro mondo?

L’oggi è ben altro e chi non vede, non vuol vedere. E pensare che c’è ancora chi si ostina a mettersi di traverso al progetto “fusione” Corigliano-Rossano, l’unico in grado di rilanciare il territorio non di certo per meriti umani ma per cause di forza maggiore, o per grazia ricevuta, se si vuole. Perché ad una città unica di 100 mila abitanti si deve dare conto e pesa. In termini di consensi elettorali al Parlamento ed alla Regione. Già, ma forse proprio qui sta il problema. 

Luca Latella