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La risalita dei Lanzichenecchi in una Sibaritide violentata, derubata e stuprata

Posted on Maggio 23, 2016 By Redazione

Non li vedremo scendere nella Sibaritide valicando il passo della Sella o lo Sparviero, armati di alabarde, spade e tamburi. Non li sentiremo arrivare al frastuono secco degli zoccoli dei loro cavalli bavaresi. Non li vedremo sudici e sporchi. L’immagine, certo, sarà meno epopeica. E già questo, potrebbe essere un buon presagio! Arriveranno in Calabria, a Lamezia Terme, in jeans e camicia, forse con la giacca, a bordo di un aereo. E su un auto, percorreranno in circa due ore i 130 km che dividono le coste del Tirreno dalle terre ioniche di Bisanzio. Matteo Salvini e i “padani” arriveranno qui, tra noi, in una terra già violentata, derubata e stuprata.

Dove non c’è più nulla di “polposo” (sic!) di cui ingozzarsi. E, a quanto pare, arriveranno con una consapevolezza: quella della responsabilità. La responsabilità delle azioni, la responsabilità di domani e di quel necessario senso di saper guardare italianamente al futuro. Del resto, chi negli ultimi mesi si è avvicinato alla linea di pensiero del movimento (oggi comune a tanti italiani, più o meno coraggiosi), ha assicurato che questo impegno di responsabilità sarà “caricato” sulle spalle dei rappresentanti nazionali del partito.
Siamo una terra di promesse… mai mantenute, sicuramente non da chi oggi viene in visita per la prima volta a proporre democraticamente e liberamente le sue idee, più o meno condivisibili. Oggi la nostra priorità è, categoricamente, quella di risolvere le questioni del territorio in cui viviamo. Della Sibaritide. Dell’Area urbana Corigliano-Rossano. Della Città del Codex. Che si perdono, per davvero, nella notte dei tempi… della Prima Repubblica ed in quella rivalità politico-territoriale che, in qualche modo, ci ha visto soccombere nei confronti della Città capoluogo di provincia. Capoluogo. E per questo deputato ad avere e assorbire privilegi. Tutti! Perché i centri di potere vivono nel capoluogo, e le linee politiche vengono stabilite e dettate nel capoluogo. Le grandi vie di comunicazione calabresi, strade e ferrovie, a costo di attraversare posti impensabili anche dall’ingegneria moderna, furono fatte passare dal capoluogo. I servizi primari, ovviamente, sono stati accentrati nel capoluogo. L’università, officina di eccellenza, è stata fatta sorgere di fianco al capoluogo. Finanche gli organi d’informazione (per fortuna non tutti!) sono stati fatti proliferare nel capoluogo per seguirne i tempi della democrazia ed accrescerne la gloria!.
Erano gli ultimi decenni del secolo scorso. Era il tempo delle vacche grasse. Ed era il tempo della “lega del sud”, della “Balena Bianca” democristiana, prima, e del grande compromesso storico, poi. Una valanga di voti! Anche la Sibaritide stava bene. Anzi, si accontentava. Perché a noi, in realtà, ci è sempre bastato poco per essere felici! Venne realizzato il raddoppio della SS 106 (sempre e solo ad un’unica corsia, però), ci costruirono qualche ponte di qua e di là per collegare frazioni e parti di paesi divisi dalle fiumare, e ci consentirono di mantenere i servizi (Inps, Asl, Tribunali, e così via). Addirittura, vollero magnanimamente introdurci al progresso industriale, tanto di moda in quegli anni, insediando una centrale termoelettrica ad olio combustibile (all’epoca la più grande d’Europa) sul mare. Una (bella) parvenza di autonomia, in cambio di voti e consensi elettorali.
Qui da noi è arrivata la qualunque. Politici di tutte le risme: bianchi, neri, rossi, repubblicani, conservatori e progressisti. Finanche i monarchici. Chiunque, soprattutto gli emblemi della politica cosentina, nei nostri seggi, è riuscito a racimolare consensi. Accolti, serviti e riveriti. C’era tanta polpa attorno all’osso – per ri-utilizzare un eufemismo amaro e tanto di moda proprio negli ambienti del capoluogo – e non è che ci volesse uno stratega per la distribuzione dei beni! Erano Lanzichenecchi politici. Ma che si rivelarono tali negli anni a seguire. Quando arrivò la crisi economica, dalla quale ancora oggi stentiamo ad uscirne. È la storia recente. La conosciamo tutti. E i Lanzichenecchi politici, sono venuti allo scoperto. Tutti! Ma dopo la loro risalita. Dopo il loro viaggio all’inverso. Proprio come talebani travestiti da sceicchi.
Via l’Asl (il primo scippo) e via i reparti ospedalieri, ma ci lasciano discariche e un bando regionale di gestione rifiuti che può tramutare da un momento all’altro questo territorio nella pattumiera del meridione. Via le lunghe percorrenze ferroviarie, ma ci lasciano la strada più pericolosa d’Europa. Via la direzione distrettuale dell’Istituto di previdenza, ma ci lasciano una condizione lavorativa da terzo mondo. Via il Tribunale, ma ci lasciano il carcere di massima sicurezza dove sono reclusi mafiosi e terroristi islamici. Via finanche l’Enel che dopo aver convertito la vocazione di questo comprensorio e aver portato – perché no – anche un po’ di respiro economico ha deciso di auto-concedersi a breve l’onore delle armi, ma ci lasciano, come si suol dire, “a gratis” le trivelle nello Jonio.
Via tutto il tratto bianco dal foglio nero.
È la regola non scritta delle storie coloniali: il padrone va via dopo aver circuito e marcato per bene il suo territorio, dopo aver mercanteggiato diamanti in cambio di pietre, e da lì inizia lo sfruttamento della proprietà, iniziano le frustate ai sudditi (o presunti tali) e lo scontro sociale. Sono i Lanzichenecchi risaliti da Sud Ovest, che con l’inconsapevole voto mercenario hanno saccheggiato la Sibaritide e poi lasciato peste sociale e povertà economica.
Cui prodest? Giova a chi evidentemente ha temuto e ancora teme le potenzialità di questa terra. Giova a chi frena le ambizioni di un territorio a voler camminare unito per rivendicare i propri diritti in una forma giuridica che declassificherebbe il Capoluogo! Azzardo un paragone: l’ambizione politico-culturale di Rossano-Corigliano, della Sibaritide, dell’alto Jonio calabrese è quasi simile alla Francia post Congresso di Vienna allorquando vennero posti attorno ai confini dello stato transalpino degli stati cuscinetto, così che potessero bloccare eventuali attacchi francesi in Europa. Così stanno facendo con noi. Stanno creando nelle nostre comunità tanti piccoli dissuasori di pensiero, per metterci gli uni contro gli altri e per continuare a tenere le briglie tirate sul nostro futuro.
E allora, difronte a tanto scandalo, ci inalberiamo per la visita dei “barbari”? Gridiamo alle armi e ai bastoni contro la venuta di Salvini. E perché chi oggi si adira e si indigna per questo non ha fatto lo stesso, a ragion veduta e con giusta causa, quando ci toglievano il tribunale, i reparti ospedalieri, i servizi e la nostra gloria? Perché giudichiamo le parole invece di condannare i fatti? Non abbiamo più nulla da perdere. Tranne la dignità che non è la fatidica “tigna” che in passato, spesso, ci ha annebbiato le menti.
Non difendo Salvini, tantomeno la sua storia e la sua militanza leghista. Me ne guarderei bene. Resta il fatto, però, che oggi, a torto o ragione, Salvini rimane l’unico esponente politico che continua a battersi per la tutela della nazione, contro la pressione fiscale, contro la legge Fornero, contro il cappio dell’Euro, contro le lobby ed i grandi poteri massonici europei, che continua a difendere il Made in Italy. Ecco perché la risoluzione della Questione Meridionale, oggi ingigantitasi e divenuta Questione Nazionale, può essere risolta anche sfruttando il sostegno dell’altra parte della curva. In questo momento di difficoltà storica e di crisi economica e di valori, siamo tutti ultras che combattono senza partigianeria contro il sistema. Quel sistema, innescato dai nostri Lanzichenecchi, che ci ha depredato di tutto! Forse oggi serve un po’ di scaltrezza e una rinnovata dose di speranza. Perché, anche gli americani non avrebbero mai scommesso di ottenere la loro indipendenza con il sostegno dei soliti francesi, risultato essenziale. Eppure fu così! Perché non può esserlo anche per il Meridione, per la Calabria, per la Sibaritide e per Rossano?
Marco Lefosse
 

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