La liturgia che stiamo vivendo è segnata dalla gioia di ritrovarci intorno all’altare del Signore per spezzare la Parola e rivivere il mistero pasquale della sua morte e risurrezione, sacrificio di salvezza per tutti noi. Saluto e ringrazio le autorità intervenute e gli eccellentissimi fratelli nell’episcopato, che con la loro presenza onorano questo momento di fede della nostra diocesi e attestano una vicinanza di amicizia e solidarietà che ci rinfranca nel cammino.

Dire che il Codex è a casa non può ridursi a semplice motivo di orgoglio o di facile speranza economica per il futuro della nostra terra.

Dire che il Codex è casa è un “suonare le trombe” per riappropriarci dell’opportunità di grazia che la Provvidenza ci offre.

Riconsegnare alla fruibilità di tutti quest’opera, dopo il prezioso restauro effettuato da mani esperte, diviene per ciascuno motivo di riflessione per imparare a rimettere la Parola di Dio al centro della vita.

Una sana vita credente ed anche una vita sociale qualificata deve trovare, nella forza del Vangelo, non tanto il senso di un’appartenenza confessionale, quanto la capacità di leggere l’esistenza a partire da uno sguardo ampio e ricco di umanità, qual’è quello evangelico.

La buona notizia contenuta nel Codex parla all’uomo di come, nell’incontro con la Parola, si possa trovare guarigione, salvezza, armonia, pienezza di vita e pace.
È questo il senso del brano evangelico risuonato in questa XIV domenica del tempo ordinario.

Gesù invia 72 discepoli dopo aver mandato precedentemente i suoi 12 apostoli. Tra la gente che lo seguiva Gesù sceglie 72 uomini, simbolo dei popoli conosciuti a quel tempo, segno mirabile dell’universalità del messaggio evangelico.

Così facendo Gesù afferma come ogni uomo può essere abile a comprendere quanto da lui procamato e ogni uomo può essere, al tempo stesso, annunciatore di questo messaggio.

Meraviglioso! Pensiamoci miei cari, il Vangelo non può e non deve essere imbalsamato in teche blindate, in caste preferenziali, in recinti predefiniti.

Il Vangelo, la lieta notizia che Dio è vicino all’uomo, è chiamato a correre di bocca in bocca, di vita in vita, di casa in casa ed anche il rifiuto non costituisce un argine efficace.

Quanto Gesù dice ai 72 discepoli è parola di vita per me, per voi. In quei 72 c’è il mio volto, il volto di tutti noi.

Desidero sottolineare tre passaggi d quanto afferma Gesù, che ritengo importanti per la nostra riflessione.

Innanzitutto, lo scopo della missione: annunziare che il Regno è vicino, ovvero che Dio cammina accanto all’uomo e non lo lascia solo. Questo annuncio si consuma nel portare la Sua Pace ad ogni creatura.

Il secondo, lo stile dell’annuncio: siamo inviati come agnelli in mezzo ai lupi, senza garanzie fuorvianti.

Il terzo, il motivo della gioia scaturente dal successo riportato nella missione (Signore anche i demoni si sottomettono a noi nel tuo nome): sapere il proprio nome scritto nei cieli, nel libro della vita, ovvero sapersi amati da Dio.

Sono queste le tre provocazioni che ci vengono offerte.
Proviamo a scorrerle.

1. Annunciare la vicinanza del Regno, guarisce, risana, libera e questo necessita impegno, testimonianza, coerenza di vita del discepolo che è invitato a vivere nella pace e a donare la pace.

Non siamo chiamati ad una verbosità sterile e noiosa, come può essere questo mio parlare, ma ad un vivere relazioni, ad edificare comunità vere, colme della pienezza di un Dio che nella nostra vita deve occupare il centro e non la periferia. Tutti dobbiamo comprendere che non possiamo dare quello che non abbiamo.

2. È da questo che scaturisce la riflessione sul secondo passaggio del brano.
Non saremo capaci di portare la vera pace se non avremo radicalmente vissuto una spoliazione di noi stessi, rinunciando a quelle garanzie che spesso occupano e preoccupano il cuore, come:

la borsa e la sacca, due contenitori per il denaro e il cibo. Due realtà che appesantiscono il cammino, pensiamo a quante fatiche, contraddizioni abitano la nostra vita e sono evidenziate da questi due oggetti su cui si consuma la storia dell’umanità di oggi come di ieri.
I sandali, protezione necessaria per chi vuole camminare, possono divenire impedimento se sono più importanti del camminare, dell’andare verso, se assumono più valore della meta stessa.
Anche nel nostro vivere, le cose, i beni diventano un filtro alla vita vera, alle nostre relazioni, alla capacità di coerenza.

Molte volte svendiamo noi stessi e la nostra dignità per un bene, per un oggetto, per una garanzia in più.

3. Venendo al terzo punto c’è da dire che assurda ma fortemente evocativa è l’immagine usata da Gesù: “vi mando come agnelli in mezzo ai lupi”.
Più che essere inviati per un annuncio di liberazione, sembra di essere condotti al massacro.

L’immagine ci permette di cogliere quanto grande è la forza riservata ai discepoli.

Essa non risiede affatto nelle capacità di ciascuno, ma nella consapevolezza del limite che ci abita.
Rifiutare di confidare in se stessi, nell’uomo, ci permette di aprire il cuore a Dio con sincerità.

Solo in questo modo, il suo NOME diviene la nostra forza, la nostra garanzia di successo. Il solo confidare in Lui ci consente di liberare la parte migliore di noi e vincere (…proprio come la tradizione ci narra in riferimento a Costantino che, guardando alla croce, comprese di dover rinunciare ai suoi vessilli).

Certo non si tratta di un’operazione di make up, di rifacimento esteriore, di vetrina. Questo è un cambio totale di prospettiva dove si radicalizza la certezza di un’esistenza accompagnata dall’amore di Dio: “rallegratevi perché i vostri nomi sono scritti nei cieli”.

Oggi, per questa comunità diocesana e territoriale, accogliere il CODEX vuole significare un rinnovato impulso a fare della vita lo spazio privilegiato mediante cui comunicare la PACE, la BELLEZZA e la PIENEZZA dell’esistere.

Segno di una rinnovata presenza della Grazia in mezzo a noi, il ritorno del CODEX è un invito forte della MISERICORDIA divina a costruire i nostri cammini ecclesiali, civici, sociali a partire da quanto il Signore ci ha trasmesso con la sua vita.

Manca però, ci dice il Vangelo, chi lavori a questo campo seminato di bene che è la realtà in cui ci muoviamo.

Mancano operai che accettino la sfida del bello;
mancano coltivatori del bene seminato nei solchi della storia; mancano imprenditori del vero capaci d’intravedere un mondo più giusto, ricco di rispetto e di vera umanità.

P. Ricoeur affermava: “La bontà non è soltanto la risposta al male, ma è anche la risposta al non-senso della vita”.

A noi la risposta generosa perché non manchino operai nel campo del Signore, in questo meraviglioso creato a noi consegnata.

Dio ci benedica e ci dia forza nel perseverare su strade di bene.

Cosi sia!

+ Giuseppe Satriano
Arcivescovo