Davanti a una tromba d’aria, ( come quella di alcuni anni fa vicino alla spiaggia di Centofontane a Mirto Crosia), davanti a una pioggia che supera il centinaio di mm. in poche ore( Rossano estate 2015), o davanti a una siccità che dura x 8 mesi( 2017) o davanti a mareggiate di intensità molto forte( pochi anni fa con danni alle infrastrutture di Contrada Pantano-Martucci), non possiamo far finta di niente e continuare ad andare avanti come se nulla fosse.
Ripariamo i danni (con lentezza) e poi speriamo che il tempo sia più favorevole. No qui si tratta di ripensare il nostro modello di sicurezza nell’insediamento territoriale.Che significa? Il livello di sicurezza delle infrastrutture civile( case, condomini, strade, scuole, ospedali, ponti etc) è stato pensato per reggere ad eventi atmosferici estremi con tassi di frequenza di centinaia o di svariate decine di anni. Questo sta scritto regole dei nostri PRG, i piani regolatori non solo nostri, ma di tutto il nostro paese Italia. Ciò corrispondeva al clima mediterraneo come lo abbiamo conosciuto fino agli anni settanta, quando l’evento meteorico estremo da sud-est tipico delle nostre contrade ( scirocco e levante in dialetto) si verificava ogni due-tre decenni e quello eccezionale una o due volte ogni secolo. Ora le cose sono profondamente cambiate e sono in continua evoluzione. Gli eventi estremi, a cominciare dalle raffiche di vento da ovest, e saltuariamente da Nord-est o anche Est, stanno diventando la normalità. Gli organismi viventi naturali hanno già da tempo percepito questo cambiamento e si stanno adattando. Lo abbiamo visto quest’anno col comportamento che hanno avuto gli ulivi e gli agrumi; lo abbiamo visto da alcuni anni in montagna dove la macchia mediterranea( le ginestre) sta cominciando a salire oltre gli 800 metri perché le condizioni climatiche complessive glie lo consentono. Basta farsi un giro sopra Longobucco o prima di Cozzo del Pesco a Rossano e un osservatore un po’ attento lo capisce. Nel nostro territorio siamo stretti tra montagne a est della Sila, pianura del fiume Crati e piccoli bacini torrentizi del Trionto a sud e golfo jonico. Siamo cioè in un incrocio di situazioni naturali che sono esposte ad eventi estremi da diversi lati. Questo costituisce sì una ricchezza( ancora poco valorizzata) , ma anche un potenziale rischio con la casualità della circolazione atmosferica cangiante attuale .Abbiamo il dovere verso noi stessi, ma soprattutto verso i nostri figli di ripensare il sistema insediativo che abbiamo costruito dagli anni sessanta ad oggi creando nei punti critici che già sono stati individuati un livello di sicurezza superiore a quello che abbiamo finora escogitato. Dobbiamo cioè capire che è necessario un piano di prevenzione o almeno di mitigazione dei rischi serio . In questo quadro mi permetterei di suggerire che questo tipo di intervento strutturale( assieme al miglioramento delle infrastrutture viarie post unificazione Corigliano-Rossano), può essere pensato in maniera diversa da come sin qui abbiamo studiato le nostre opere di infrastruttura civile.La proposta. Se noi riusciamo a trovare come il sistema naturale ( piante ed animali) si sta adattando, e cerchiamo di allearci con esso, cioè sfruttare( e difendere) l’azione delle erbe, degli alberi e degli altri organismi viventi nel nostro ecosistema, e creiamo interventi che si affianchino al sistema naturale, allora la prevenzione sarà più efficace e duratura.E’ un principio semplice che va oltre il concetto di sostenibilità. Sostenibilità significa realizzare una struttura che il sistema naturale riesce a tollerare abbastanza bene senza ostacoli alla sua riproduzione. Quello che invece penso io sarebbe più sicuro è questo: costruire infrastrutture e rinforzi di quelle già esistenti( nei punti a rischio) che affianchino il sistema di adattamento già in atto nella natura. Cioè un sistema attivo di prevenzione in collaborazione con gli organismi animali e soprattutto vegetali.Come realizzarlo? su questo dobbiamo essere capaci di sviluppare un dibattito, una serie di riflessioni che deve necessariamente coinvolgere tanti protagonisti della nostra comunità. Però se ci affidiamo alla buona sorte( speriamo che non succeda più,che il buon dio ce la mandi buona …..) siamo un po’ incoscienti, perché consegniamo ai nostri figli una società in cui le infrastrutture che con tanti sacrifici ed impegno abbiamo costruito sono più a rischio! Un primo esempio : un sistema attivo di prevenzione antincendio boschivo e di riforestazione ove occorra nelle zone troppo scoperte con frane o faglie attive o che danno segni di riattivazione. Facendo questo ci garantiamo la sicurezza alle nostre spalle. Come realizzarlo? Ci possono essere tanti modi , o con il lavoro di volontari, oppure con sistemi tecnologici oppure con sistemi misti. Una cosa è certa: se le montagne alle nostre spalle sono sicure e ben coperte dai boschi senza aree incendiate libere, già siamo più tranquilli dai rischi alluvionali o quantomeno anche in caso di eventi meteorici importanti il rischio di danni gravi diminuisce . Poi laddove ci sono gli incroci pericolosi di torrenti ed edifici o ponti e strade importanti andrebbe studiato un sistema attivo o anche passivo che in caso di forte pioggia possa rallentare la velocità dell’acqua e questo oggi è tecnicamente possibile con tanti sistemi, io preferisco quelli naturali sulle sponde degli alvei . E anche un sistema di deflusso controllato delle acque fuori dagli alvei in zone che riescano ad assorbire l’acqua. Si chiamano bacini di deflusso. Ci possono poi essere tante idee e proposte sia dei tecnici , ma anche io credo , dei cittadini, cioè coloro che vivono sul territorio ogni giorno e conoscono molto bene come le acque si comportano vicino a casa loro. E c’è probabilmente da ripensare la rete di raccolta cittadina delle acque piovane che attualmente non è in grado di assorbire eventi meteorici estremi. Tante possono essere le idee e le proposte, ben oltre le poche cose di questo breve scritto. L’occasione della nascita della nuova città può rappresentare anche un trampolino per migliorare il nostro modo di vivere in questo territorio.
prof. Fabio Menin
già pres. WWF Calabria