Nell’agosto del 1943 ci fu,a Corigliano,un intenso traffico di automezzi tedeschi diretti in Sicilia,per rafforzare le difese a contrasto dell’invasione alleata. Spesso si fermavano davanti a casa mia per una breve sosta dedicata al rancio.E noi,bambini,tutti intorno a curiosare,ma a dovuta distanza.I tedeschi non consantivano che ci avvicinassimo più di tanto ai loro automezzi.E non avevano tutti i torti.
Ci fu la volta che si era fermata una camionetta con quarttro militari che si accinsero a preparare qualcosa da mangiare.Ma sul più bello il rumore sordo di una grossa formazione aerea americana ci fece trasalire e subito l’area intorno a casa mia,ubicata nella periferia del paese,fu invasa da una marea di persone che, per timore di subire un bombardanento sul centro abitato, cercarono “scampo” lontano dall’agglonerato urbano.
Quei tedeschi,che di strategie se ne intendevano,tanto, capirono che avevano peggiorato la situazione,in quanto gli americani,quando stabilivano quale doveva essere il principale obiettivo,agivano compatti ma,all’occorrenza, qualche pilota non disdegnava staccarsi dalla formazione per non perdere la ghiotta occasione di infierire sui civili inermi, mitragliando all’mpazzata le folle e persino singole persone.
Era la strategia dello sfiancamento della popolazione per creare quel diffuso sentimento di rabbia e disperazione e un rancoroso malcontento contro la guerra che contribuì, non poco,all’esito del conflitto.
E quei tedeschi,preeoccupati,si sbracciavano a far capire,a quella folla,di disperdersi per non richiamare l’attenzione di qualche pilota alleato che non avrebbe disdegnato una bella strage a suon di raffiche di mitragliatrice.
Probabilmente servì a qualcosa,perchè la folla provvide a diradarsi e quegli aerei seguirono compatti la loro rotta,senza aver mininamente percepito il mancato …”diversivo”.
Raggiunto l’aeroporto militare tedesco,nella sottostante Piana di Sibari,offrirono lo spettacolo di un fantasmagorico fuoco di artificio,con un bombardamento ricco di fiammate e altissime colonne di fumo.
Terminato lo“spettacolo” la folla ritenne opportuno dileguarsi e, finamente,quei tedeschi cominciarono ad allestire il rancio. Con una zappetta sfrollarono un pò di terra e,nel cratere di quel mucchietto,versarono un po’ di benzina che venne subito assorbita e quando vi diedero fuoco,riuscirono a riscaldare le scatolette di fagioli che avevano provveduto ad aprire dando inizio al pasto con pane di segala e salame tipo ungherese. Non nascondo che provai una certa acquolina in bocca.
Quando ebbero ultimato il pranzo,Sisto,il piu grande di noi,si fece avanti e facendo sfoggio di un accativante sorriso,con cenni abbastanza loquaci,avvicinando e allontanando dalle labbra,alternativamente,l’indice ed il medio,uniti,della mano destra,manifestò il desiderio di aver una sigaretta.
Uno di loro,ricambiando il sorriso,gli si avvicinò e gli offrì una sigaretta che lui prese ripetendo più volte:tanke,tanke.
E noi tutti intorno a lui che,orgoglioso,ci mostrava qella nuova sigaretta,spigandoci che la scritta era in caratteri “gotici”che erano i caratteri tipici ed inconfodibili della stampa tedesca.
Non la fumò subito,ma la conservò per farne sfoggio con i suoi coetanei in qualche occasione più impegnativa,specie se in presenza di…ragazze alle quali far …tirare una boccata.
Una volta partiti i tedeschi,ispezionammo il posto del bivacco, constatando che sul terreno erboso erano rimaste solo scatolette, vuote, di fagioli.
In una di quelle scatole c’era ancora un pò di liquido che io,da Ingenuo,pensavo fosse il resto di quella benzina che avevano utilizzato per alimentareu il fuoco.E siccome a quei tempi la benzina era preziosa,per accertarmene ne versai un po’ su quel mucchietto di terra per verificare se prendeva fuoco.
Sprecai diversi fiammiferi,ma di fuoco manco a parlarne.
Sapevo che i tedeschi,utilizzavano benzina sintetica ottenuta dalla distillazione frazionata del carbone e,molto ingenuamente, pensai che,forse,quel carburante sintetico,una volta in contatto con l’aria,dovesse essere utilizzato in breve tempo,altrimenti “sfiatava”.
Ci volle tempo per convincermi che quella non era benzina ma, molto piu banalmente,un residuo di quell’acqua che,con una serietà e cautela tutta germanica,avevano usato per spegnere il fuoco non ancora esaurito.
Ma prima,testardamente,evitavo di considerarne l’odore che nulla aveva della benzina (…la benzina sintetica,pensavo,è inodora) senza considerare che quell’odore richiamava,fin troppo,quello …dei fagioli.
Ernesto Scura