Come al solito i giorni che precedono la definizione delle liste sono avvolte dal più fitto mistero, solo una ridda di indiscrezioni e null’altro. Una liturgia tutta interna nelle segrete stanze, tra ristrettissime élite chiamate non già a selezionare, per meriti, i membri della massima istituzione rappresentativa del Popolo bensì cooptare i componenti di un club esclusivo di privilegiati.
In questi processi vitali per la tenuta morale di ogni democrazia a farne le spese da noi è proprio il Popolo sovrano costretto prima a subire supinamente le candidature imposte dall’alto dai partiti per poi ratificarne gli stessi esiti secondo meccanismi di una legge elettorale a dir poco perversi. Questo grave vulnus alla nostra democrazia è del resto l’effetto speculare dell’inesorabile declino dei partiti dediti oramai al solo culto del capo di turno e tutti accomunati dall’unica missione dell’esercizio del potere fine a se stesso. È l’esatta antitesi del modello disegnato dalla nostra Costituzione (art. 49 cost.) che li aveva invece concepiti come luoghi nei quali i cittadini avrebbero dovuto ritrovarsi “per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. Al tempo della tanto vituperata “prima repubblica”, al netto degli indubbi limiti a tutti noto di quel sistema, questi erano luoghi fisici di incontro tra persone animate da idealità nei quali si elaboravano progetti e cultura politica che diveniva patrimonio da condividere tra le diverse generazioni favorendo la progressiva formazione di intere classi dirigenti che poi costituivano il bacino naturale dal quale veniva attinta la rappresentanza istituzionale ad ogni livello. Stando così le cose il 4 marzo, con il rito del famigerato “rosatellum” si consumerà l’ennesima beffa perché con alta probabilità non scaturirà nessuna maggioranza e si perpetueranno le “larghe intese” tra destra e sinistra in nome dell’ormai noto mantra della “governabilità”, dell’Europa e soprattutto della stabilità dei mercati finanziari. Ragionamenti questi che hanno ispirato le peggiori scelte legislative degli ultimi anni che poco o nulla hanno prodotto sul risanamento della nostra finanza pubblica (il deficit è sempre quello mostruoso schizzato ad oltre 2 milioni di miliardi di euro) e ciò che è più grave hanno peggiorato la qualità della vita di tanti cittadini per via della sistematica demolizione di quel modello di welfare state (soprattutto l’assistenza sanitaria pubblica) che tanti altri Paesi un tempo ci invidiavano. Effetti ancora più nefasti di queste politiche altamente recessive si sono avute come sempre da noi nel sud. È giunto dunque il momento del redde rationem nel quale occorre levare forte la voce e porre finalmente fine a questa situazione divenuta per noi gente di queste latitudini invero non più sopportabile. Abbiamo il diritto- dovere di pretendere, sia pure nel contesto di una legislazione elettorale pessima, dai maggiori partiti candidati radicati su questo territorio con l’avvertenza che questa volta la soluzione dei paracadutati sarà respinta senza indugio con la forte mobilitazione per un massiccio voto di protesta concentrato su liste minori nelle quali si auspica la presenza di candidature indigene. Sul piano programmatico occorre che i candidati del territorio si impegnino solennemente a dotare questa nostra area del vasto comune di Corigliano- Rossano e più in generale dell’intera fascia ionica fino a Crotone di ogni servizio: sanità, nuova ferrovia, aeroporto, tribunale, presidi di sicurezza pubblica ed una credibile piattaforma di interventi per il rilancio degli investimenti presupposto per la crescita dell’economia e dell’occupazione. Per fare questo più che le parole vuote degli annunci va recuperato il senso dell’unità, quello per intenderci che ha animato la maggior parte degli italiani il 4 dicembre 2016 quando ha rispedito al mittente la pseudo riforma istituzionale restituendo centralità alla Costituzione e ai valori ad essa sottesi in primis quello della libertà che parafrasando la nota canzone di Giorgio Gaber altro non è che partecipazione. Chi afferma il contrario è un mistificatore e un imbroglione perché vuole mantenere il Popolo piccolo e inerme incapace di cambiare i propri destini.
Natale Graziano