(e non lo dice Ernesto,ma Pablo stesso)
Cari lettori,siccome vi voglio troppo bene,non posso mancare di “impartirvi” una….lezione ( di arte? Ma no, non ne sarei in grado,solo di …buonsenso,se consentite) sperando che,una volta per tutte,dato un calcio a tutte le “convenzioni”, le”convinzioni”, le “convenienze”, le connivenze ,e le consuetudini culturali (quelle che ci propinano le pagine culturali della stampa,quella,beninteso,più allineata e più…. autorevolmente accreditata :
“Corriere della sera”,”Repubblica”,”La Stampa”,”L’Espresso”, “Il Manifesto”,e perché no,”L’Avvenire”,”Famiglia Cristiana” e “Il Messaggero” di Sant’Antonio e tutti i giornalini parrocchiali), possiamo,finalmente,io e voi,insieme,urlare:
MA IL RE È NUD O !
Esaminiamo il gigantesco famoso “poster” di Picasso (non è un quadro ma un manifesto in bianco e nero).Attenzione: L’uomo a terra con in pugno ciò che resta di una spada,secondo la vulgata di sinistra raffigura “un soldato caduto sotto i feroci bombardamenti nazifascisti” e,secondo la critica più rigorosamente comunista (democrtica e socialitaria) non può che essere Un miliziano antifranchista.ma dove,ma quando. (Addirittura,non ne era al corrente nemmeno Picasso che dovette apprenderlo da Carlo Giulio Argan,il famoso critico d’arte,quello che garantì come autentiche opere di Modigliani,quelle teste scolpite …col martello pneumatico,che un gruppetto di allegri studenti burloni e buontemponi fece “scoprire” in un torrente a LIVORNO).
Picasso voleva solo dipingere un poster per commemorare la morte del suo amico,il torero Joselito,morto sotto il “bombardamento” delle…”cornate” del toro salvo,poi,cambiargli il titolo in GUERNICA, per venire incontro alle richieste dell’UNIONE SOVIETICA che gli aveva commissionato un’opera che denunciasse al mondo la ferocia dei. bombardamenti nazifascisti sulla popolazione inerme. Picasso,fidando,giustamente,nella incomprensibilità dei suoi strani “ghirigori”, buoni per tutte le “stagioni” e nella ormai scontata imbecillitá dei critici e di quel vasto pubblico di “intenditori”,capace di apprezzare e magari acquistare qualsiasi cacata,intendo proprio la merda,purchè firmata Picasso.Tanto,poi,ci avrebbero pensato i critici ad attribuirgli le giuste ed appropriate “ispirazioni”).
Siccome il compenso sovietico era cospicuo ed allettante,e siccome Picasso era sempre avido di soldi (fossero franchi,dollari o rubli ) e, siccome non aveva “tempo da perdere”,non gli costò nulla cambiare titolo al poster e invece che a Joselito fu dedicato a …GUERNICA.
Bastò aggiungere una lampadina accesa,quella che campeggia in alto,nel poster,riuscendo a far fesso persino un delinquente feroce, agguerrito e smaliziato come STALIN. Dopo di che la schiera di stravaganti e stupidi critici è sempre pronta a dargli,con l’imprimatur,una giusta collocazione politica e…artistica.)
Tenete conto che Picasso,oltre ad essere un pittore cubista,era anche un convinto simbolista che non ha mai disdegnato di raffigurare (anche se a modo suo e con l’intento di “prendere per il culo”) gli elementi più significativi dei suoi soggetti,senza mascherature ( la colomba della pace doveva essere individuabile:una colomba.Per far felice Stalin. Un torero rimaneva un torero,anche se col naso al posto dell’orecchio. Una donna,sempre una donna,anche se col pube al posto della narice) quel soldato,se soldato doveva essere,doveva esserlo di quel contesto e non dell’epoca dei gladiatori.(appunto il realismo sovietico).
Che senso avrebbe avuto mettere in pugno ad un fantoccio in borghese quel moncherino di spada (secondo gli sciocchi critici starebbe ad indicare che è un soldato.Ed allora, vivaddio, mettiamogli in mano una pistola ed in testa un berretto con la stella rossa). Secondo molti “grandi” critici,Picasso,in quella sua composizione,si era ispirato al tema della rappresaglia, operata dall’invasore,splendidamente raffigurata da Goya nella fucilazione di patrioti spagnoli da parte degli oppressori napoleonici. Ma lì,dai vestiti dei martiri e dalle divise dei fucilatori si capisce benissimo chi è vittima,di chi,e chi aguzzino,di chi. Ma via,siamo seri.La cretinaggine,l’insulso accodarsi e la comoda e sicura assuefazione alla vulgata vincente, a me procurano un fastidio…
Se riesco a capire,ma non a giustificare,l’aviditá di quel marpione di Picasso,non riesco assolutamente a poter sopportare quei poveri di spirito che non sanno mai mettere insieme un po’ di idee proprie e devono ricorrere, senza un minimo di spirito critico,alla più che tranquilla copertura delle stronzate di certa carta stampata.
Ascolta,lettore,chiudi per un attimo gli occhi,immagina di essere sulle tribune di una Plaza de Toros,immagina Joselito morente per le cornate del toro,riverso a terra,con in pugno,ancora, i resti della sua espada, immagina le urla della folla esterrefatta per quella tragica scena,immagina ancora le mani levate al cielo delle donne “dolenti” (le prefiche) per la morte del mitico torero,cerca ancora di ricordare i versi di Garcia Lorca per l’analogo pathos suscitato dalla morte di Ignazio e,quando aprirai gli occhi,forse, finalmente capirai l’essenza di quel “cavolo a merenda” che vuol essere quella lampadina (elettrica) accesa che altro non può essere se non … “il nuovo” che avanza” in contrapposizione al “vecchio” (il lume a petrolio). Il tutto fa parte di una simbologia adottata dagli artisti comunisti quando volevano significare il nuovo “illuminante” che avanza ( il comunismo) contro il vecchio che “non risplende più di tanto ” (l’oscurantismo).
Il Toro,per i critici “illuminati”,un tanto al chilo,rappresenta il Minotauro,simbolo della feroce dittatura fascista,mentre noi, che fessi non siamo,sappiamo che voleva essere il toro che,con le sue cornate,abbattè JOSELITO.
IL CAVALLO,col collo contorto,per i “critici,sempre un tanto al chilo”, vuol essere il popolo sofferente sotto il giogo della dittatura,ma noi che,come sempre,fessi non siamo,sappiamo,essere il cavallo dei “picadores”,quelli che nella corrida hanno il compito di pungolare il toro per indurlo ad essere più feroce.
LE DONNE IN GRAMAGLIE,con le mani alzate al cielo,per i critici (sempre un tanto,al chilo),vorrebbero essere le vedove dei caduti nell’atto di invocare la maledizione di Dio sugli autori della strage del bmbardamento,ma noi che,come sempre,fessi no siamo,sappiamo essere le “dolenti” prefiche che piangono,la dipartita del torero. A PICASSO,questa operazione di “copia e incolla” fruttò qualche milioncino di pesetas erogate,cash,dall’URSS.
Tanto é costata quella lampadina…..ACCESA.
Ernesto SCURA
P.S. Se qualcuno mette in dubbio la veridicità della mie asserzioni, propongo la lettura di un brano di Matteo Perrini,pubblicato sul “Giornale di Brescia”,sulla base di una lettera olografa che lo stesso Picasso aveva scritto al famoso critico d’arte Berenson,definendo “GHIRIBIZZI” i suoi scarabocchi. “In essa l’artista più famoso del nostro tempo si duole, e con profonda amarezza, di aver ben presto dato al pubblico quello che il pubblico gli chiedeva, rinnegando con intimo disgusto, o comunque mettendo tra parentesi, le esigenze più schiette dell’arte.
Le sue dichiarazioni sono così significative che meritano di essere citate per intero. «Ho soddisfatto questi amatori del nuovo e dell’eccentrico con i ghiribizzi che mi passavano per la testa e quanto meno li comprendevano tanto più li ammiravano! Divertendomi con questi giochetti divenni ricco e celebre, e questo assai presto. Ma quando sono solo con me stesso, non ho il coraggio di ritenermi un artista nel significato grande e nobile della parola. Sono solo un pubblico burlone che capisce il suo tempo e che ha sfruttato la stupidità, la vanità e l’avidità dei suoi contemporanei».
Ma Picasso, per sua e nostra fortuna, ha tante volte superato la tentazione del calcolo e dello snobismo e ci ha rivelato le sue indubbie qualità. L’arte non la si crea e non la si capisce se non come la conquista e la realizzazione di un valore in forme originali e concrete; esige, dunque, una potente tensione, un impegno che ha tutto il carattere 1 Giornale di Brescia, 17 aprile 1975.