Ormai da diversi anni, ad ogni mareggiata invernale, sempre più frequentemente ci troviamo a fare i conti con i danni causati dal mare, dovuti al continuo avanzamento della linea di costa.  Da sempre, nel corso delle ere geologiche, le spiagge si sono spostate seguendo la fluttuazione degli oceani, ma oggi il mare, a differenza del passato, specie nelle regioni più urbanizzate, si trova di fronte un muro di case, strade e cemento. 

Per cercare soluzioni efficaci e sostenibili ad un problema che si sta aggravando in maniera esponenziale negli ultimi anni e che coinvolge la grandissima parte delle spiagge italiane (il 42% delle spiagge italiane arretra), bisogna ripartire da analisi e considerazioni di carattere generale.
Bisogna ripartire da una gestione attenta e oculata del territorio e dei cambiamenti climatici, accompagnando nel contempo i processi naturali con lo spostamento di quantità di sabbia sufficienti alla difesa delle spiagge, per adottare le soluzioni più efficaci ed eco-sostenibili.
L’erosione costiera è una “malattia” molto italiana perché il nostro è un Paese pieno di coste di cui non sempre se ne sa prendere cura in modo adeguato. Questo fenomeno è, infatti, solo in parte dovuto a cause naturali, climatiche e ambientali. L’uomo, gli abitanti del territorio che si affacciano sul mare, molto spesso non badano all’erosione costiera e a quelle che possono essere le conseguenze di questo cambiamento difficile da notare ad occhio nudo.
Anno dopo anno, decennio dopo decennio, però, ci si ritrova con un paesaggio cambiato e non in meglio. L’erosione costiera comporta un arretramento della linea di costa, è legata a numerosi fattori meteoclimatici, geologici, biologici ed antropici. Prima dell’arrivo dell’uomo, era soprattutto dovuta al clima, oggi gli equilibri sono cambiati.
Quindi quali i possibili rimedi? Chiamarli rimedi rende bene l’idea, perché l’erosione costiera per l’Italia è un problema da prendere sul serio, ma più che i “rimedi” servono azioni coraggiose e concrete per un cambio di passo che sia significativo.
È necessario che il nostro Paese, e non solo il nostro, realizzino interventi strutturali che difendano le coste dall’erosione con risultati di medio lungo termine.
La Calabria, ad esempio, ha ben 800 chilometri di coste, un patrimonio enorme che, purtroppo, di anno in anno registra un costante restringimento, soprattutto negli
ultimi anni, infatti, si sono “ristrette” quelle spiagge che rappresentano, tra l’altro, un enorme valore economico, in quanto attraggono turismo e non è certo colpa del mare perché le responsabilità sono tutte dell’uomo che attraverso una edificazione selvaggia, più o meno tollerata, finisce per distruggere le indubbie potenzialità della nostra regione. Per limitare l’erosione occorrerebbe: limitare le opere antropiche in prossimità delle coste; impedire l’estrazione di inerti lungo i fiumi, che operano il ripascimento delle spiagge per ripristinare l’equilibrio tra erosione e deposito; valutare seriamente quale impatto hanno le opere realizzate in questi anni per attenuare il fenomeno erosivo ed eventualmente ricorrere alle più recenti tecniche di interventi di ripascimento. Si è permesso di deturpare le coste anche realizzando opere pubbliche, praticamente sulla spiaggia, bisogna contrastare seriamente il fenomeno dell’erosione delle spiagge in Calabria e nello specifico nel nostro territorio, troppo a lungo martoriato e violentato, bisogna preservare il patrimonio ambientale e turistico, prima che scompaia.
Le immagini di questi giorni del nostro litorale sono dolorose, il grido di una madre che rivendica il rispetto che gli si deve, con enorme violenza ci ha sbattuto in faccia tutti i nostri sbagli.
Bisogna attivarsi tempestivamente, pensare a una fase progettuale di interventi mirati al contenimento, efficaci ed ecosostenibili.
Il degrado, l’abbandono, la desolazione, lo sporco, la rassegnazione devono lasciare posto all’indignazione, al rispetto e alla consapevolezza che, aldilà dei fenomeni climatici, l’erosione più grande è determinata dalla sciagurata opera dell’uomo.