Appare piuttosto curioso che un funzionario dello stato chieda allo stato una dichiarazione di emergenza, che significa chiedere poteri straordinari e più soldi, quando non c’è nessuna emergenza. Ciò che è avvenuto nella notte di S. Valentino e in quelle precedenti è una delle tante mareggiate spinte da un forte vento di tramontana tipica dei tempi che stiamo vivendo. Tipico cioè di un’epoca di cambiamenti climatici.
Se i permessi di realizzare stabilimenti sono stati dati in una epoca diversa, quando queste mareggiate erano meno frequenti, non si può chiedere allo stato di ripristinare lo stato dei luoghi come era prima. La natura non lo consente. Semmai bisogna ragionare meglio su come si comporta oggi la natura, il mare, le piogge e stabilire i limiti odierni dei fenomeni naturali e poi agire di conseguenza.
La richiesta di emergenza ambientale potrebbe giustificarsi se ci fosse un concreto rischio di pericolo per le abitazioni e per la comunità che vive sul mare, cosa che oggi non è. Potrebbe però essere un domani, e allora la cosa giusta è chiedere semmai fondi per capire meglio come si sta comportando la natura e quali soluzioni di adattamento ai tempi che cambiano sia giusto o preferibile percorrere.
Il dott. Bagnato, con questa sua richiesta potrebbe essere accusato anche di richiesta NON GIUSTIFICATA di fondi o di poteri. I danni ai privati per le opere sulla spiaggia fanno parte del rischio d’impresa e non sono copribili dall’interesse pubblico, a meno che si dimostri che il pubblico non abbia agito secondo le regole. Se i permessi sono stati concessi nell’ambito delle leggi, il privato non può chiedere rimborsi di nessun genere. Se invece le regole di 40 anni fa non sono più valide perché il comportamento degli agenti meteomarini è mutato, questo significa che il pubblico semmai deve adattare le infrastrutture già realizzate, secondo le linee guida per l’erosione costiera che il ministero dell’ambiente ha ben stabilito nel dicembre 2018.
LE NUOVE REGOLE STABILITE DAL MINISTERO DELL’AMBIENTE.
1) Difendere a tutti i costi la salvaguardia del sedimento, cioè della sabbia naturale e dei sedimenti ovunque ci sia.( sia quella che si trova a terra, sia nei fondali). Questa, dicono i tecnici del ministero è un capitale che va difeso, sia dove la spiaggia è libera, sia dove è occupata da strutture di vario genere. Difendere la spiaggia dove non ci sono strutture antropiche significa lasciare intatte le dune, non toccare la sabbia né nei fiumi, né sugli arenili, e se c’è abbassamento dovuto a subsidenza pensare a qualche opera protettiva, ma molto soft, compatibile con la natura, che richiede studi molto attenti.
2) Dove ci sono case o strutture vicino alla spiaggia o sulla spiaggia deve essere fatta una valutazione dei costi di gestione. Se la manutenzione per ripristinare le opere ha un costo più alto che uno spostamento delle stesse è meglio spostare le opere e ricostruire un sistema naturale di difesa della spiaggia. Questa valutazione va fatta dall’ente pubblico e in maniera seria, con intento di programmazione. Se invece i costi di gestione sono inferiori ai costi di spostamento delle opere, si deve agire per adattare le opere esistenti cercando il minor danno possibile. Davanti a una mareggiata se uno stabilimento è molto vicino alla battigia non serve a nulla rialzare la sabbia a mo’ di protezione. Semmai è più utile trovare un modo per esporre di meno le opere e trovare un via di sfogo per le onde, e una barriera di accumulo della sabbia come è la duna. Ma non quindi un semplice rialzo di sabbia con qualche alberello. Una duna si ricostruisce dove può rimanere e con le erbe giuste perché la sabbia rimanga e non sia portata via dal vento. Anche qui ci vogliono degli studi, mentre qui quando piove o il mare si arrabbia si grida al lupo, e quando c’è il sole si mangia a sbafo della natura.
CONCLUSIONI
Gli interessi degli imprenditori sono legittimi e vanno pure incoraggiati e difesi, ma i soldi pubblici o privati non vanno buttati al vento. Difendere opere a rischio in quanto tali significa gettare i soldi dalla finestra, perchè la natura, come ben stiamo imparando, fa di testa sua. Cercare invece di salvaguardare la natura e diminuire i rischi, quindi adattarsi alla natura è più saggio e conviene pure alla tasca di chi investe.
FABIO MENIN gia pres. WWF Calabria