Sono una ragazza di 27 anni, molto attiva nel mondo del volontariato. Da circa 5 mesi svolgo attività di volontariato presso il carcere di Rossano. Insegno a tre detenuti dell’ Alta Sicurezza, iscritti al primo anno della facoltà di storia e filosofia. Il volontariato è una risorsa importante del nostro paese e credo occorra investire molto sui giovani educandoli alla gratuita generosità. Mi sono affacciata al mondo del carcere senza aver alcuna forma di pregiudizio ma con qualche timore per quello che il carcere avrebbe potuto rappresentare.
Soprattutto per il semplice fatto che bisogna attraversare continuamente cancelli, i quali si aprono e si chiudono e che ti fanno percepire la sensazione di vuoto. La cosa che più mi stupisce è il rispetto che i detenuti manifestano nei miei confronti, un rispetto che nella società in cui viviamo purtroppo a volte manca, in quanto per loro costituisco una figura di cui potersi completamente fidare. Piuttosto che l’insegnamento è importante il dialogo, il confronto e il sentirsi liberi. Avere qualcuno del mondo esterno che dedica il proprio tempo a loro è veramente fondamentale. Vorrei sensibilizzare molti giovani rossanesi ad interfacciarsi con questo tipo di percorso perché credo sia un progresso per la società. Noi viviamo in un mondo basato sulle apparenza, dove giudicare richiede minor tempo e più facilità che comprendere la causa di determinate situazioni. Sono fortemente orgogliosa di quello che faccio, soprattutto quando vedo nei loro occhi la voglia di cambiamento e di riscatto. Credo fermamente che il lavoro che sto svolgendo tenda a restituire dignità e umanità al condannato. Sono rimasta veramente soddisfatta quando hanno superato i primi esami brillantemente ed è stata un’ emozione fortissima. Ero più agitata di loro. Un traguardo importante è rendersi conto che i detenuti sono esseri umani come noi. Un consiglio che vorrei dare a tanti giovani è di non attribuire mai un’ etichetta e di aver fiducia del cambiamento del prossimo. Per me non conta il passato, ma il presente e soprattutto il futuro e se essi hanno capito i loro errori. Il carcere rappresenta un luogo di crescita, di comprensione e di accompagnamento del detenuto verso il lungo cammino per la libertà. Chi siamo noi per giudicare? Certo è più semplice, ma non c’è cosa più bella che ascoltare le storie di vita altrui e capire la motivazione dei loro sbagli. Insegnare in carcere è una sfida personale, un modo di conoscere realmente i problemi che affliggono la nostra società, poiché il carcere è una realtà che esiste e noi non possiamo e non dobbiamo far finta di nulla. Nella vita tutti possono avere una seconda possibilità. Il diritto alla libertà è inalienabile e ciascuno di noi deve avere questa priorità.
FLAVIA SMURRA