Con-Patrono della Calabria insieme a S. Nilo e S. Francesco di Paola e quindi della Città Nuova di Corigliano-Rossano (11 novembre 1055-2019).
Ritengo che non possa passare sotto silenzio la data odierna dell’11 novembre, 964° anniversario della morte di San Bartolomeo, con-fondatore dell’Abbazia bizantino-greca di Grottaferrata, con-Patrono della Calabria e, quindi, della Città Nuova di Rossano-Corigliano insieme a S. Nilo e a S. Francesco di Paola. Onorare la memoria del Santo rossanese ci fa prendere coscienza delle “quattro R”, ossia dei quattro principi-valori umanistici del Ricordo-Riconoscimento-Riconoscenza-Restituzione verso chi ha fatto la propria parte e ha bene operato.
Essa, inoltre, afferma prepotentemente che la memoria vince la morte e mantiene in vita chi non c’è più, che continua a vivere nella reminiscenza di chi resta.
La memoria, infine, quando è condivisa da una comunità di persone-cittadini, garantisce a questa la coesione e l’unità sociali, l’identità culturale-valoriale di appartenenza, la consapevolezza del primato dell’interesse generale e del bene comune entro i quali sono assicurati l’interesse e il bene dell’individuo. Quando una popolazione perde memoria ripete gli stessi errori e gli stessi orrori del passato, si spaesa, è disorientato, si smarrisce, è affetta dal mal di vivere.
Con questo spirito di richiamo alla memoria profetica, fondamento dell’identità e del futuro, affido alla riflessione personale e comunitaria di chi legge, S. Bartolomeo di Rossano.
Molte notizie le ricaviamo dalla “Vita di S. Bartolomeo Juniore” (Cod. Cript. B. . III, 431), scritta in greco, tra il 1060 e il 1075, dal discepolo prediletto lo ieromonaco Luca, settimo Egumeno di Grottaferrata, e dall’ “Encomio di Giovanni Rossanese in onore di San Bartolomeo Juniore” (
), anch’esso in greco, composto dallo ieromonaco Giovanni Rossanese nel 1230; entrambe le traduzioni commentate in italiano sono di P. Germano Giovanelli, Archimandrita di Grottaferrata, databili rispettivamente al 1942 e al 1962.
Basilio (è questo il nome di battesimo di Bartolomeo), appartenente a famiglia aristocratica originaria di Bisanzio, nasce intorno al 980/981 (ma è più probabile che sia nato molto prima) a Rossano (‘, Ruskìa, o ‘, Ruskiané, o ‘, “Rusiànon”), allora città principale o capitale (“metròpolis”) del dominio bizantino in Italia (“Thema di Calabria e Longobardìa”), importante zona ascetica o “Montagna Santa” o “Oros Aghion” (), sede di Diocesi da circa 400 anni (secc. VI-VII), noto centro umanistico-scientifico della Calabria e del Mezzogiorno.
Formatosi culturalmente e religiosamente nella sua città natale e nei Cenobi viciniori (come “S. Giovanni Calibìta”), sceglie, nel 992/993, di lasciare per sempre la sua città natale e di emigrare nelle regioni latine del centro Italia. Dopo un breve soggiorno a Roma, si reca nel Monastero di “S. Michele Arcangelo” di Vallelucio” presso Montecassino, attratto dalla figura carismatica del suo più illustre concittadino ed emigrante San Nilo, che aveva fondato quel Cenobio e lì soggiornava dal 982. Guidato dal suo Maestro, si fa monaco e jeromonaco, ossia sacerdote, italo-greco-niliano, cambiando il nome in Bartolomeo Juniore.
Negli anni successivi (994-1004), segue il suo Maestro, nei Monasteri di “Serpèri” (o Seràpide) a Gaeta, di Roma e di “S. Agata” a Tuscolo. Ne raccoglie l’eredità spirituale, ne diventa il principale discepolo e continuatore, perfezionando ulteriormente la sua formazione religiosa e culturale.
Asceta cenobita, animato da un’alta tensione spirituale e caritatevole, Bartolomeo vive il messaggio evangelico nella prossimità e al servizio dei poveri, degli ultimi, degli invisibili. Nello stesso tempo, intrattiene rapporti autonomi e fermi con i potenti di quell’epoca travagliata di passaggio dall’Alto al Basso Medio Evo: gli Abati di Montecassino, il principe di Capua, il duca di Gaeta, il principe di Salerno, il conte di Tuscolo, l’imperatore del Sacro Romano Impero Ottone III di Sassonia (980-1002), i Papi Gregorio V (996/999), Benedetto VIII (1012/1924), Giovanni XIX (1024/1032), Benedetto IX (1032/1055) e Giovanni XVI Filàgato (996/97), quest’ultimo anch’egli di Rossano.
Fonda, nel 1004, insieme a San Nilo, sua guida morale-spirituale (deceduto nello stesso anno), un Monastero con attigua chiesa, battezzato “S. Maria della Criptaferata”, poi “Grottaferrata”, che completa in vent’anni, nel 1024. Lo organizza con una Regola nuova e originale (“Typicon”) e ne fa uno dei più qualificati e famosi referenti della religiosità e della cultura greco-bizantine d’Europa. Pur rifiutando il titolo di Egumeno o Abate (come già fece anche S. Nilo), dirige di fatto, per oltre 40 anni, fino alla morte (11 novembre 1055) il suo Monastero, che acquista grande notorietà e diventa attrattore di una nutrita schiera di giovani monaci. Fa del Monastero una comunità o fraternità tra le più qualificate d’Europa: impegnata nella promozione umana (mediante lo Scriptorium, la Biblioteca, la Scuola), nella missionaria ri-evangelizzazione, nella creazione di un’efficiente azienda agricola, che richiama le disorientate popolazioni del territorio, salvandole dalle carestie e assicurando loro aggregazione sociale, difesa dei loro elementari diritti, guida morale e spirituale.
E’ amatissimo dalla gente tanto da essere considerato operatore di miracoli e Santo.
E’ co-protagonista di quella grande stagione della “Riforma” della Chiesa cattolica che porterà ai pontificati rinnovatori di Leone IX (1049-1054), di Niccolò II (1058-1061) e di Gregorio VII (1073-1085), partecipando ad alcuni Sinodi romani (1036/37, 1044) ed esercitando un decisiva influenza sui Pontefici Benedetto VIII, Giovanni XIX, Benedetto IX. Su quest’ultimo svolge una tale azione magistrale di orientamento e di guida da persuaderlo a cambiare radicalmente vita, a rinunciare al Papato (come farà, in anni recenti, Benedetto XVI), a farsi monaco e suo discepolo a Grottaferrata (1055).
E’ certamente l’autore del “Bios” (1035-1055), ossia della “Vita di San Nilo” (“ Βίος καὶ πολιτεία τοῦ ὁσίου πατρὸς ἡμῶν Νείλου τοῦ Νέου”), biografia scritta in elegante lingua greca, che rappresenta l’opera storica e agiografica più importante del sec. XI, quella che ci consente di conoscere le vicende umane di Rossano e di gran parte dell’Italia a cavallo dell’anno Mille.
E’ anche un famoso innografo, il più grande nel sec. XI, fondatore della Scuola Innografica di Grottaferrata.
E’ un abilissimo amanuense e calligrafo nello “Scriptorium” del suo Cenobio, che dota di un’immensa Biblioteca.
E’ un legislatore ascetico-liturgico, ideatore del “Tipico” (Typicon), ossia la “Regola” originaria dell’Abbazia di Grottaferrata (1025 circa), la più antica tra quelle italo-bizantine, che codifica le norme ascetiche di S. Nilo, sarà il modello di riferimento di altri Cenobi (come “S. Maria Nuova Odigìtria” o “Patìr” di Rossano, del “S. Salvatore” di Messina, di “Casole” di Otranto) e assicura al Monastero vitalità, longevità (e sono trascorsi mille anni) e un ruolo insostituibile quale luogo ecumenico di incontro, confronto, sintesi tra le due anime del Cristianesimo, quella greco-ortodosso mediterraneo-orientale e quella latino-cattolico europeo-occidentale.
Questa breve e modesta commemorazione di un “illustre figlio di Rossano”, in occasione del 964° anniversario della sua morte, ha lo scopo di fare MEMORIA, attuale e prospettica, di un nostro conterraneo, che, con la sua autorevole testimonianza di vita e il suo “exemplum”, ha contribuito a fare bene la propria parte per costruire un mondo più giusto e pacifico.
Fare MEMORIA di S. Bartolomeo, inoltre, equivale a restituire conoscenza, visibilità e coscienza collettive a chi, essendo poco conosciuto e poco ricordato (persino nelle giaculatorie dei Santi e nelle celebrazioni liturgiche), è puntualmente dimenticato e, di conseguenza, è poco amato, cercando e sperando di smentire la massima evangelica di “nemo profeta in patria”.
E tutto ciò sarebbe un’operazione culturale di non poco conto. Ma c’è di più.
La MEMORIA di chi, come S. Bartolomeo e il suo maestro S. Nilo, con coraggio e rischi personali, ha bene operato e ha lasciato tracce indelebili di sè emerge dalla folla degli ignavi e degli indifferenti, destinati a essere anonimi effimeri, oscurati dalla storia, si è conquistata una meritata notorietà, ha contribuito a esportare dalla Calabria in Italia e in Europa la Civiltà mediterranea, la cultura e la religiosità greco-bizantine, ha dato un apporto decisivo nel rendere Rossano famosa e prestigiosa nel mondo, ha irrobustito l’identità della nostra popolazione, dando a questa sia la fierezza dell’appartenenza a una comunità di cittadini-persone che ha pari dignità rispetto alle altre (e non è figlia di un Dio minore) e sia il fondamento per un progetto di sviluppo locale, endogeno, auto-sostenibile per il futuro.
Pertanto, fare MEMORIA di S. Bartolomeo di Rossano significa dargli apprezzamento, gratitudine e restituzione: infatti, nel 1958, è stato riconosciuto da Papa Giovanni XXIII Con-Patrono della Calabria (insieme a S. Nilo di Rossano e S. Francesco di Paola). Si è in attesa che venga riconosciuto Con-Patrono di Rossano, insieme al suo Maestro S. Nilo e alla Theotòkos Achiropìta, già Con-Patroni della città bizantina.
Rossano, 11 novembre 2019.
Francesco Filareto