Lungi dal perseguire processi inquisitori, che sono improduttivi e non portano a nulla, e senza imboccare la via della ricerca storica e recente delle responsabilità, poco utile ai fini degli obiettivi da raggiungere, anche perché in Italia, quando si toccano alcune sfere, spesso sul banco della giustizia si finisce a tarallucci e vino, l’auspicio è che, almeno, la storia sia utile al presente per disegnare il futuro!
Si è sempre sostenuto che dell’infrastruttura “discarica” al momento non si possa fare a meno, poiché vi è una tipologia di rifiuto (gli “scarti”) che non può essere riciclata. Su questo punto il populismo galoppa, teatranti e millantatori si moltiplicano nel fare pensare che si possa gestire il mondo dei rifiuti senza le discariche. E su questo in tanti vi speculano, con discorsi di pancia ingannevoli, al solo fine di disegnarsi una carriera politica. Si dice di no a tutto e, ancora oggi, non si è autonomi. Si è bravi a mandare i rifiuti all’estero pagando lauti conferimenti per poi farci restituire gli scarti sotto forma di energia.
Premesso ciò, la Calabria oggi è di nuovo al collasso, e chi propaganda la politica della “discarica zero” ha finito con l’avallare, tra assessorati con delega all’ambiente e i silenzi di associazioni ambientaliste, una sorta di sistema da “discarica uno”, se è vero come è vero, che la politica regionale e la burocrazia hanno preferito concepire un metodo che si avverte come regime di monopolio. Su questo tema, proprio in queste ore, autorevoli testate giornalistiche OnLine regionali mettono in luce intrecci e connivenze in larga parte non chiariti.
La tecnica è quella di promuovere di volta in volta nuove autorizzazioni per ampliamenti e successivi abbancamenti. E il tutto in una determinata area della Calabria, elevandola a capoluogo dei rifiuti. E quando si tenta di scandagliare il livello di responsabilità ecco che riaffiora il solito scaricabarile tra governo regionale, burocrazia, Ato, Anci, commissari etc…
Una serie di atteggiamenti irrituali che sconfinano in favoritismi o in abusi di potere. O ancor peggio nella lesione dei principi del libero mercato o della concorrenza sleale. Chi risponde a chi? E chi interviene a tutela di chi è costretto a subire? Comportamenti furbeschi e preclusivi nei confronti di altri privati, titolari di impianti verso cui la Regione si è sempre posta con atteggiamenti ambigui o di ostilità, incassando talvolta gli oneri relativi al deposito di progetti ma senza dare vita all’istruzione della pratica, costringendo le aziende a doversi rivolgere al Tar della Calabria con tanto di ulteriori spese legali al fine di vedersi riconosciuti i propri diritti alla valutazione del progetto verso cui la stessa Regione risponde con il silenzio violando di fatto i tempi previsti dalla legge per la definizione dell’iter. Insomma una serie di atti, comportamenti e condotte che messi insieme quasi formano una prova. E, il teorema di fondo, è quello di fare terra bruciata e creare le condizioni per privilegiare un sistema consolidato ed esclusivo, impedendo la realizzazione di nuove discariche siano esse pubbliche siano esse private. Ed eccoci ora nuovamente al capolinea, sono due le soluzioni: o si ricorre a chi detiene il monopolio o, in alternativa, si conferisce in siti extraregionali e con costi esorbitanti il cui ricarico finisce sulle bollette dei cittadini. Siamo al solito bivio. L’emergenza, affinché possa essere risolta, ha bisogno di impianti di conferimento. Dall’emergenza si esce solo così. Con i se, con i ma, e i bla bla bla, non si va da nessuna parte.
LETTERA APERTA FIRMATA A SITI E BLOG