Ritengo di attualità, alla luce dei recentissimi fatti della cronaca di questi ultimi mesi e giorni, proporre una riflessione sulla “questione morale” che prescinde ovviamente dalle posizioni individuali di quanti indiziati di reita’ meritano un giusto processo che accerti verità dei fatti e connesse responsabilità.
Qualcuno potrà obiettare che il malcostume pubblico delle ruberie e’ fenomeno tristemente ricorrente nella tradizione italica perché anche in passato di comportamenti virtuosi da parte della classe politica, e più in generale di soggetti chiamati all’esercizio di pubbliche funzioni, se ne sono visti ben pochi e l’andazzo era pressoché identico a quello di oggi. A differenza del passato, a mio modesto avviso, però la situazione oggi appare ben più grave e mi spiego. Mentre un tempo vi era chi si interrogava seriamente sulle degenerazioni del sistema pubblico ponendo la centralità della “questione morale”, oggi tale prospettiva è semplicemente fuori dai radar dal dibattito politico e più in generale nella cultura, almeno quella veicolata dai mezzi di informazione. Seppure all’epoca molto giovane ricordo nel 1980 la storica intervista di Scalfari a Enrico Berlinguer, segretario del Pci, nella quale veniva tratteggiato l’emergenza della grave “questione morale” che si profilava all’orizzonte nella politica nazionale. A tale denuncia, rammento, fecero eco anche altri leader del tempo, tra cui quella parte della DC che faceva riferimento a Donat-Cattin, che evidenziavano in modo implacabile quali erano le patologie e le degenerazioni che attraversavano il sistema politico di quella fase storica. Era il segno che il tema era avvertito come trasversale sul quale tutti, nessuno escluso, erano chiamati a confrontarsi. La domanda che oggi ci poniamo è se ha ancora senso riprendere il filo di quel dibattito sulla cosiddetta “questione morale”. Prima di tentare una qualche risposta alla domanda va intanto sgomberato il campo dalla facile suggestione che la questione morale possa ridursi al giustizialismo populista, in breve, alla clava per colpire e liquidare l’avversario o peggio il nemico politico da abbattere, sistema che viene usato a giorni alterni e da schieramenti opposti a seconda delle convenienze politiche ed elettorali del momento. La ripresa del tema sulla questione morale passa invece attraverso quella riflessione ben più impegnativa che tempo addietro suggeriva Pietro Scoppola, eminente storico e studioso del movimento cattolico italiano il quale sosteneva che, “un politico è onesto e competente quando sa unire la cultura del comportamento con la cultura del progetto”.
Tutto qui? Qualcuno potrà obiettare, in realtà dietro questa semplice soluzione v’è la chiave di volta per fare compiere il salto di qualità al nostro sistema democratico, con il radicamento di una cultura della responsabilità evitando che prendendo a pretesto la questione morale si radicalizzi un confronto politico fatto di veleni, insinuazioni, moralismi di basso livello in funzione sempre solo e soltanto di uno spregiudicato e cinico disegno di potere. È una strada senz’altro più impegnativa e aggiungo, purtroppo, non alla portata di gran parte del ceto politico oggi alla guida del Paese ma è il percorso obbligato per rafforzare la qualità della nostra democrazia e la credibilità delle nostre istituzioni al momento sofferenti.
Natale Graziano