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La Pandemia ha svuotato le parrocchie e oggi, da credente, anche io mi sento smarrito, perché noto che molti cristiani si sono allontanati dalla frequenza alle chiese e quindi anche dal Sacramento dell’Eucarestia.
Ciò accade anche nella nostra Comunità, in Rossano, dove la presenza alla Liturgia Domenicale si va diradando.
Leggendo i Vangeli si scopre che Gesù chiede al piccolo gruppo dei suoi seguaci di essere fermento nella società, quali pionieri, con Lui e come Lui, della Civiltà dell’amore.
La Fede ci insegna che è proprio il Risorto che raccoglie la sua Comunità e quindi è Lui stesso che custodisce la libertà dei credenti e non la trattiene ( Gv.6.66).
Noi cristiani nelle celebrazioni eucaristiche ammiriamo e ci deliziamo dei gesti cultuali ( che bella messa!) e trascuriamo l’accoglienza ospitale attorno all’altare, dove tutti si devono sentire a casa, anche quelli ” fuori” o che stano ai margini della società.
Quale immagine di Fede si evince da ripetitivi ( mediatici ) e mnemonici riti liturgici o dall’ascolto noioso di omelie, avulse dal sociale,che non invogliano a pregustare la gioia contagiosa di ritrovarsi insieme nel Nome del Risorto ?
Personalmente mi gratifico nella partecipazione all’Eucarestia , in cui, con altri credenti, noi ci raduniamo intorno alla stessa Mensa, pur provenienti da diversi percorsi di fede,, ma sempre pronti a metterci, insieme, in Servizio alla promozione e liberazione umana.
Certo, come credente, non attendo una Messa al Fai-da-te, ma non posso più condividere la manipolazione del Memoriale , in cui si avverte che protagonista è solo il Rito Liturgico e non la Presenza viva e vivificante del Signore nei Segni della Parola, del Pane e del Sangue .
In una società informatica e di multiforme etnie, sempre mi interrogo, da credente,sul perché non si riesce ancora a modificare le celebrazioni per adattarle ad ” un far meglio” per accogliere e comprendere bene la finalità del Sacramento Eucaristico?