di Aldo Lucisano
Se mettessimo in fila i numerosi libri scritti sul “Pianeta” Scuola raggiungeremmo, sicuramente, distanze chilometriche.
Pur tuttavia appare necessario continuare a parlarne; non si può più ignorare, ipocritamente, lo sfascio e procedere allegramente.
Docenti e non si interrogano oggi sulle scellerate riforme e mode degli ultimi cinquant’anni. Burocratizzazione e svuotamento culturale, test a crocette, “famigerati” ed inutili copia incolla che vanno sotto il nome di “ progetti”, strumenti digitali che hanno fagocitato libri e reali contenuti, e pseudo “esperti” che, forse mai si sono seduti dietro una cattedra, in lotta contro la detestata lezione “frontale”, hanno impoverita la scuola rendendo evanescente la trasmissione delle conoscenze e spegnendo ogni passione
Uno dei più recenti libri, scritto a quattro mani, dalla scrittrice e prof.ssa Paola Mastrocola in collaborazione con il sociologo Ricolfi ,chiarisce quello che sta succedendo e, per quello che può valere, da insegnante in pensione, abbraccio pienamente la tesi di fondo.
Il momento dello sfascio definitivo è forse l’anno 2000 , la riforma Berlinguer si rivelerà una iattura. Appaiono tre ingredienti decisivi : i progetti extracurricolari, la valutazione oggettiva alias test, e il diritto al successo formativo. La scuola diventa un’ azienda, ( o così crede..) , tenta di agganciarsi al mondo del lavoro, di assumere i valori e i criteri della produzione e del mercato. .
E’ un abbaglio esiziale. L’Istituzione, diventa ancora più classista e ben poco democratica, bloccando quell’agognato “ ascensore sociale “ capace di abbattere ogni distanza, disuguaglianza di partenza e così il figlio del medico continua a fare il medico, quello del muratore il muratore. Il tragico paradosso di una scuola democratica, nata per salvare i più deboli, e trasformatasi in voragine allargando il solco fra ceti alti e ceti bassi.
Il livello culturale ( I contenuti…quello che realmente si interiorizza e diventa spendibile nelle diverse professioni ) dello studio diventa ridicolo.
L’asticella delle difficoltà continua ad abbassarsi lentamente ma inesorabilmente, sia nella scuola sia nell’università, un processo iniziato nei primi anni sessanta, e proseguito poi attraverso innumerevoli mosse, convergenti verso un unico risultato : rendere più ardua, per i ceti bassi, la competizione con i ceti alti.
Il “disastro “ ha radici profonde, si manifesta nei primi, nodali, otto anni ( scuole elementari e medie ), quando,improvvisamente tutto diventa “ facile “, di bassa qualità, una passeggiata ed un inutile spreco di soldi e energie.
I principi ispiratori degli schemi di riforma sono paradisiaci : scuola democratica, inclusiva, adatta ad azzerare le disparità delle condizioni di partenza; un lungo processo indubbiamente guidato dalla cultura progressista e dai suoi slogan – “la scuola dell’obbligo non può bocciare”, “diritto al successo formativo” – , chi osava opporsi veniva emarginato , considerato arretrato e ignorante .
L’invasione di progetti, ( docenti abilissimi nel produrli, diventano addirittura specialisti nello scaricare carta da Internet, peccato che questa stessa abilità burocratica non si concretizza poi in aula in risultati di reale apprendimento, al di là degli stupendi e coreografici incontri di fine anno atti a verificare, leggendo tonnellate di carta, i magnifici risultati conseguiti ), una selva di valutazioni, certificazioni e percorsi scolastici semplificati, una digitalizzazione selvaggia della didattica a scapito delle materie curricolari, dei libri, dell’autonomia degli insegnanti e del valore inestimabile della lezione frontale, creano confusione, disorientamento, trasformano i docenti in burocrati e compilacarte mandando in soffitta i “contenuti”, la reale “formazione” ed, anzi, gli alunni diventano un optional, quasi fastidiosi ectoplasmi derubati di diritti dettati dalla Costituzione.
La scuola media, per non essere selettiva, per non bocciare , abbassa le richieste e non esige più un livello alto di studio e, paradossalmente, per essere-inclusiva e salvare tutti diventa essa stessa selettiva, e lo è in modo molto più crudele, fa un altro tipo di selezione, spietata, ma camuffata da non-selezione: sposta in avanti il problema, lo annacqua e lo rende ambiguo : tu non studi abbastanza, io ti promuovo lo stesso nonostante il tuo sia un livello di seconda, massimo terza elementare ( prima delle catastrofiche riforme..s’intende ) , come può allora un ragazzo, proveniente dai ceti meno abbienti per esempio, frequentare un Liceo ( nonostante non sia più la scuola di una volta ) se per otto anni (cinque di elementari e tre di medie) non gli abbiamo insegnato quasi niente o, se anche gli avessimo insegnato qualcosa, non abbiamo avuto l’ardire di esigere e di pretendere che lui le sapesse, quelle cose! Non farà né il liceo né l’università, perchè non sa scrivere, non è capace di fare un discorso compiuto, non sa capire il senso (profondo, sfumato, metaforico, ironico…) di quel che legge, e non sa ripetere con parole sue quel che ha studiato: è questa la vera dispersione scolastica!
Tali ragazzi “si disperdono” altrove perché dopo otto anni di scuola la loro preparazione è fuffa. Allo stesso modo, all’università non sono in grado di affrontare gli esami perché hanno frequentato una scuola che non li ha preparato abbastanza.I ceti abbienti, se ne sbattano altamente ..cosa gliene può fregare del degrado, e pur essendo stati pessimi studenti, che non hanno mai aperto un libro, mai ascoltato una lezione, mai preso la sufficienza in certe materie (quelle difficili), se non copiando. non importa: alla fine ce la fanno, a forza di lezioni private a pioggia che dagli istituti superiori all’università supportano e agevolano a pioggia, il pezzo di carta lo agguantano facendo la felicità di papà medico e di mamma avvocato.