di Aldo Lucisano
Lorenzo aveva solo 18 anni, una sbarra di ferro ha posto fine alla sua vita, è morto durante l’ultimo giorno del programma di alternanza scuola-lavoro, una farsa conclamata meglio specificata come alternanza scuola- sfruttamento.
Viene in mente l’ufficiale che sfrutta il marmittone utilizzandolo come badante , accompagnatore della moglie dal parrucchiere con annesso facchinaggio dopo lo shopping della stessa, il tutto indorato o infinocchiato dalla convinzione di servire la Patria.
Certo, non tutto è così, vi sono esempi ( rari ) di buone riuscite ..ma sono eccezioni, del resto è noto come i nostri esperti siano bravi e lungimiranti nello stendere progetti… a tavolino…sulla carta. Altra storia poi quando queste chiacchiere in libera uscita impattano sulla realtà e si viene colpiti da una sbarra di ferro con i ragazzi mandati allo sbaraglio.
Perché cosa è stata creata la Scuola se non per per umanizzare la vita, renderla più vivibile ma, allo Stato dell’arte, ottiene il contrario : disumanizza.
Allora, serve ancora la scuola ? ,«Chiudiamo le scuole!» come titola l’omonimo pamphlet dello scrittore Giovanni Papini che già nel 1918 denunciava provocatoriamente una certa organizzazione scolastica: «La civiltà non è venuta fuori dalle scuole che intristiscono gli animi invece di sollevarli e le scoperte decisive della scienza non son nate dall’insegnamento pubblico ma dalla ricerca solitaria disinteressata e magari pazzesca di uomini che spesso non erano stati a scuola o non v’insegnavano». Si tratta di chiudere non la Scuola, ma «questo modo» di fare scuola, una catena di montaggio spesso priva di cura delle persone che non permette agli insegnanti di essere maestri di umanità, conoscenza, desiderio, guide al pensiero critico, ma spesso li rende funzionari burocratici, precari, ripetitori di programmi, giudici di performance e competizioni come spiegava già nel 1970 il filosofo Ivan Illich nel famoso «Descolarizzare la società», che aveva previsto gli esiti di una scuola che: “scambia l’apprendimento con la prestazione/ carriera, non offre quindi il sapere come aiuto per aprirsi all’esperienza della vita, ma addestra lo studente a performance e diplomi, rendendolo consumatore di programmi”. (basti pensare all’esame di maturità farsa — promozione del 99,8% degli studenti )—
Non sono solo i sintomi del virus che assediano i protagonisti (studenti, insegnanti, genitori) di questo pianeta-educativo perennemente malato e bisognoso di cure.
Quella dei docenti è la categoria più soggetta a burnout ( sfinimento psico-fisico da lavoro ), soprattutto le docenti over 50 . Quali le cause ? Le relazioni sfinenti e frustranti con gli studenti, genitori, colleghi, e dirigente.
La maggioranza dei genitori poi non chiede altro che di di abbassare le “pretese” di quei “veri” docenti che hanno ancora voglia di fare “vera” scuola.
Al riguardo mi permetto di suggerire anche ai genitori la lettura del libro del sociologo Ricolfi e della scrittrice- docente Mastrocola “IL DANNO SCOLASTICO “ che con dati ed esperienza alla mano parlano di una scuola senza qualità, una macchina che genera disuguaglianze, di una cultura progressista che ha inteso la democratizzazione non come mettere la cultura alta a disposizione di tutti, ma come “diritto al successo formativo” e che ha demonizzato gli insegnanti che si opponevano all’abbassamento dell’asticella, o erano contrari a rilasciare falsi attestati , quando è proprio un’ottima e severa istruzione « l’unica carta in mano ai figli dei ceti bassi per competere con i figli di quelli alti».
I nostri studenti sperimentano molto più malessere che benessere . Perché? Le cause riguardano fattori cognitivi (eccesso di carico prestazionale), emotivi (soprattutto ansia e noia), sociali (sfiducia nei modelli di riferimento), non bastano più sindacati, scioperi, occupazioni vanificati e normalizzati da un sistema orbo, ma serve un serio lavoro di persone di professioni diverse, unite dall’obiettivo di riformare la scuola e capaci di risvegliare l’opinione pubblica, per far pressione su una politica che si ricorda della scuola in zona elezioni con quattro frasi paternalistiche su giovani e futuro e sentimentali fervorini sui docenti eroi della nazione.
Bisogna convincersi che i canali consueti del cambiamento non funzionano più e non viene più dato ascolto alle rimostranze, occorre allora, come scrive Alessandro D’Avenia, una class action culturale e legale con una disobbedienza civile ragionata e continua, altrimenti molti continueranno a «bruciarsi» e pochi «fortunati» a salvarsi, a difesa dell’art.3 della Costituzione: «È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese».