“Leo, amore mio, mi dispiace. Sei la cosa più bella che mi poteva accadere. E per la prima volta in vita mia penso e so cosa vuol dire amare qualcuno. Ma ho paura di tutto, di perderti. E non lo sopporterei. Perdonami, amore mio, sii forte, ti amo. E scusami…”.
Con questo messaggio, scritto su un foglio bianco, Donatella, 27enne di origini albanesi ma residente in Italia ormai da quasi vent’anni, ha deciso di congedarsi dalla vita.
Donatella si è uccisa in una cella del carcere di Verona dove si trovava rinchiusa per una serie di furti, inalando il gas di un fornelletto. Una morte terribile per una giovane che va via nel fiore degli anni.
Il “Leo” al quale si riferisce nel suo biglietto è un ragazzo di 25 anni di Rossano, conosciuto proprio a Verona, che desiderava costruire una vita con Donatella, giovane donna che stava cercando di mettersi alle spalle un passato difficile: dapprima la fuga da una comunità, alla quale era stata assegnata dal magistrato, e poi il carcere, dove non ha retto la distanza con il suo grande amore e la paura di perderlo.
Vicende dolorose che inducono alla riflessione sulla situazione carceraria e, soprattutto, sulla caducità umana.
FABIO PISTOIA