Guastare l’atmosfera zuccherosa e variamente ipocrita che in questi giorni inizia ad avvolgere i puri di cuore, non si può.
Eppure oltre al muscolo cardiaco anche la dura realtà vuole il suo spazio. Pencolare tra ottimismo e pessimismo sembra la cifra di questi ultimi drammatici anni.
Più che angeli svolazzanti sulla grotta, in molti vedono cigni neri appollaiati sinistramente in pozzanghere maleodoranti.
Quella del Cigno nero è una metafora diventata teoria filosofica. E’, in sostanza, un evento raro, imprevedibile e inaspettato, il secolo XXI ne è immagine lampante
Una concatenazione di Cigni neri (crisi climatica, energetica, epidemica, economica, bellica e…ancora.. denatalità, indebolimento delle democrazie, collasso delle istituzioni tradizionali) da fare accapponare la pelle.
Se fino a qualche decennio fa dovevamo stare attenti a non fare ciò che avrebbe potuto portarci alla rovina, oggi dobbiamo fare qualcosa per evitare che un processo già innescato produca effetti devastanti.
E’ pur vero che nel corso della Storia abbiamo già subìto profondi mutamenti e spesso li abbiamo chiamati apocalisse. E, nonostante l’autolesionismo dell’homo sapiens che ha dato il suo “onesto” contributo, l’abbiamo sempre sfangata.
Sembra ci siano state varie estinzioni di massa e adesso secondo alcuni studi siamo nel bel mezzo della sesta estinzione, definite così perché hanno interessato l’intero pianeta e un’altissima percentuale di specie viventi.
Va precisato che quando si parla di “estinzione” si deve pensare a un evento che porta alla distruzione delle forme di vita in decine o centinaia di migliaia di anni, che in termini geologici sono tempi brevissimi. Questo significa che se un essere vivente si trova nel cuore di un’estinzione potrebbe non accorgersene anche se la sua vita dura vari decenni. Ed è quello che starebbe dunque succedendo ora.
Ma come recita l’antico adagio la Speranza , sia essa laica o cristiana, è l’ultima a morire.
Non possiamo permetterci di farla morire o ci resterà soltanto apatia.
La grande etologa e scrittrice Goodall, per esempio, sostiene che “Le notizie sono davvero pessime. Ecco perché così tante persone si sentono indifese e senza speranza. E sentendosi così, non fanno nulla, se non vi è nessun cambiamento, potremmo addirittura arrenderci. Ma credo fermamente che c’è ancora tempo – sebbene si stia velocemente esaurendo.”
Non mancano, comunque, segnali di speranza.
Nel mondo si stanno sviluppando soluzioni innovative ai molti problemi creati, ad esempio nel settore dell’energia rinnovabile, o per l’agricoltura sostenibile, e così via. Individualmente stiamo lasciando un’impronta più leggera ed ecologica.
Ogni individuo è importante. Tutti hanno un ruolo da giocare in questa vita, ciò che si fa, ogni giorno, fa realmente la differenza. Si pensi alle conseguenze delle piccole scelte compiute – cosa si compra, mangia, indossa ecc.
Quando miliardi di persone fanno le giuste scelte ambientali – e sociali – allora vi saranno maggiori cambiamenti.
E’ pur vero che molti giovani hanno perso la speranza e accusano le generazioni precedenti di avergli rubato il futuro, ma il miglior modo di contestare è quello di rimboccarsi le maniche : piantare alberi, raccogliere fondi per i profughi ucraini, fermare il contrabbando di animali convincendo per esempio le persone a non acquistare specie esotiche, cosa che rischia tra l’altro di causare nuove pandemie. Lo stesso impegno è comune agli adulti, perché ognuno di noi possiede un indomabile spirito umano.
La Speranza richiede che le persone uniscano le loro forze, e agiscano. Quando arriveranno i primi risultati, ci si sentirà meglio e si avrà voglia di fare ancora di più. È una spirale positiva.
Mettiamo al primo posto gli obiettivi di breve termine, invece di perseguire il fine più importante: la protezione dell’ambiente. Viviamo nell’idea folle che possiamo ottenere uno sviluppo economico illimitato su un pianeta che ha risorse limitate.
E meno male che qualcuno inizia a capire che questo stile di vita è insostenibile, ma troppo lentamente. Non sembriamo preparati allo sforzo necessario per cambiare.
Modificare il nostro concetto di felicità, che non vuol dire avere soldi e potere. Basta avere il necessario per vivere una vita piena accanto a famiglia e natura.
Le famiglie del cosiddetto Terzo mondo spesso non hanno nulla o quasi. Dovrebbero essere l’emblema dell’insuccesso, invece, quando sono riunite attorno al fuoco e ascoltano una storia sono profondamente felici.