Non so quanti tra i giovani ricordano la tragica, surreale, incredibile vicenda giudiziaria e umana di Enzo Tortora. Conduttore, autore televisivo, giornalista e politico, Enzo Tortora muore a soli 59 anni nel 1988 a causa di un tumore ai polmoni. La malattia del conduttore arrivò alla fine di un caso giudiziario che ha segnato la storia del nostro paese e che fece grandissimo scalpore.
Pagò il successo della sua carriera con una vicenda personale drammatica, vittima ingiusta di una condanna giudiziaria.
Aveva solo ventitré anni quando la Rai lo assunse, ma già negli anni Settanta il conduttore ebbe dei problemi; viene allontanato dalla Rai a causa della pubblicazione di un’intervista in cui aveva definito l’Ente radiotelevisivo «un jet colossale pilotato da un gruppo di boy scout che si divertono a giocare con i comandi». .
Il vero grande successo arriva con Portobello (1977-1983), sarà la trasmissione che batterà ogni precedente record di ascolti. Il programma sarà considerato il precursore della televisione anni Novanta: anticipò, sia pure in modo embrionale, alcuni programmi di grande successo come Stranamore, Carràmba che sorpresa ! I Cervelloni, Chil’havisto.
Il 17 giugno 1983 viene arrestato e imputato di associazione camorristica e traffico di droga
Tortora appare sbigottito; definisce, l’avvenimento che lo ha coinvolto “il più colossale errore” della storia giudiziaria italiana.
L’accusa, oltre che su false testimonianze di altrettanto falsi testimoni che emergeranno nell’iter giudiziario, si basa originariamente su un’agendina, trovata nell’abitazione di un camorrista, che riporta un nome scritto a penna e un numero di telefono: in seguito le indagini calligrafiche proveranno che il nome non era Tortora bensì Tortona e che il recapito telefonico non era quello del presentatore.
Dopo 7 mesi di reclusione, nel gennaio del 1984 viene liberato, ma il 17 settembre 1985, arriva una condanna a dieci mesi di carcere.
Nel giugno ’84 viene eletto eurodeputato del Partito Radicale, del quale è anche Presidente, si dimetterà dal Parlamento europeo il 31 dicembre 1985 quando, rinunciando all’immunità parlamentare, resta agli arresti domiciliari. La sua innocenza viene dimostrata e riconosciuta il 15 settembre 1986, giorno in cui la Corte d’appello di Napoli lo assolve definitivamente.
Il 20 febbraio del 1987, Tortora ritorna sugli schermi Rai con il suo cavallo di battaglia: “Portobello” ma, ormai, è un uomo profondamente provato.
Celebre resta il suo discorso in apertura del programma: «Dunque dove eravamo rimasti…
Tortora è deceduto poco dopo la sentenza che metteva fine al suo calvario.
Questa triste vicenda ha portato al cosiddetto referendum Tortora del 1987, un referendum popolare volto a introdurre la responsabilità civile dei magistrati. Con larghissima maggioranza i cittadini italiani hanno scelto il sì, ma la legge varata dal Guardasigilli ed ex-magistrato Giuliano Vassalli, che doveva dar seguito al voto, a giudizio di molti ha snaturato il risultato referendario, introducendo una versione estremamente debole di responsabilità, limitata di fatto al solo dolo specifico (cioè alla malafede del magistrato) difficilissimo da dimostrare. Solo nel 2015, dopo 28 anni, è stata approvata dal Parlamento una legge simile a quella richiesta dalla consultazione referendaria.
Sono trascorsi 40 anni esatti da quell’arresto che ancora oggi grida vendetta
Al di là dei tanti perché e percome la verità, a volte, si nasconde nei dettagli, senza scomodare i massimi sistemi, appare alquanto banale.
Enzo Tortora dava fastidio, considerato un moralista. Con il suo modo di fare ,la sua schiettezza, arguzia, ironia, autonomia, cultura, linguaggio forbito ( uno dei pochi a sapere usare una consecutio), stava sui “ marroni” ai tanti che, in quel periodo ( archetipo di tutti i periodi), leccavano, sbavavano e intrigavano per ritagliarsi uno spazio in “mamma” Rai o su qualche giornale . Enzo, in sostanza, era semplicemente antipatico.
. La sera del suo arresto, un altissimo dirigente comunista che banchettava a Napoli, salutò l’evento con questo testuale commento: “Finalmente ce lo siamo levato dai coglioni”; i delinquenti reputano impossibile che uno faccia o dica semplicemente le cose in cui crede.
Noi italiani, com’è stato scritto, siamo capaci di perdonare drogati, matricidi, antropofagi, ladri di denaro pubblico, femminicidi, stupratori a patto che siano simpatici.
Di fronte alla “simpatia”, caliamo le brache. All’opposto, se il malcapitato non risponde ai canoni che per certi connazionali sono imprescindibili ( dice qualcosa il bullismo…? ), proporsi come simpaticoni, dare del tu a tutti, fare il compagnone, possedere verità pret-a- porter , avere certe amicizie a corte, scodinzolare di fronte a chiunque, possedere una verità privata e una pubblica, diventare zerbino verso gli eminentissimi, accettare i soprusi,quando vengono dall’alto, con devota rassegnazione, essere beceri e triviali quel tanto che basta, allora, nella terra del Diritto, si è fottuti.
Essere antipatico a qualcuno prima o poi capita ma, com’è noto, non essere gradito da alcuni figuri è sempre una vittoria.