di FABIO MENIN
Contrariamente a quanto sostiene l’amministratore delegato della Baker Hughes la realizzazione delle strutture industriali della sua azienda nel porto di Corigliano comporta la trasformazione industriale del porto di Corigliano.
La foto che presentiamo è opera della Baker Hughes e dimostra alcuni punti fermi:
1) La banchina 2 viene occupata dalle strutture industriali di questa multinazionale. Gli attracchi di pescatori e altre barche e natanti in questa banchina vengono sfrattati dal lato nord della banchina.
2) L’attività di carico delle strutture industriali che verrà realizzata nel porto comporta l’occupazione della banchina 2 e di fatto la compromissione di spazio della banchina 1 perché quando c‘è la nave che carica alla Baker Hughes diventa intralciata e di fatto non utilizzata. Perché ovviamente si tratta di natante di grosse dimensioni. Per esempio: se una nave Costa Crociere volesse attraccare d’estate nella banchina 1 non potrebbe farlo perché c’è la nave di carico industriale sulla banchina 2.
In pratica tra strutture fisse e navi da carico 2 delle banchine del porto vengono sacrificate a vantaggio di questa multinazionale.
In cambio di che cosa? 40-50 operai( i numeri reali sono tutti da vedere perché attualmente con la robotizzazione e l’elettronica la manodopera nelle strutture industriali è ampiamente sostituita e ridotta).
Abbiamo già chiarito che il ritorno economico dei salari di questo numero di operai è largamente inferiore al valore commerciale delle banchine del porto.
Ma c’è un altro punto ancora più importante: lo spirito di “ rapina” del nostro territorio da parte di questa azienda con la proposta di utilizzare il porto, si concretizza in un’altra osservazione: le dimensioni in altezza e lunghezza delle strutture produttive non sono tali da compromettere il trasporto su gomma( o su rotaia) dei manufatti ivi prodotti. Quindi tutta la partita della Baker Hughes è ampiamente gestibile all’interno della zona industriale per esempio nell’areaNord-est della zona industriale che confina col porto . La decisione quindi di occupare due banchine è dettata semplicemente da motivi di risparmio economico. Ecco le falsità che sono state ampiamente propalate da coloro i quali stanno sponsorizzando questa iniziativa.
Se io chiedo di occupare un’area destinata a industria è lecito chiedere i favori e le agevolazioni della cosiddetta ZES, la zona economica speciale che non richiede particolari autorizzazioni e non ha costi elevati. Ma se io occupo di fatto la parte più rilevante e produttiva dello spazio di un porto o pago il corrispettivo della occupazione rispetto a ciò che vengo a compromettere oppure si tratta di uno scambio diseguale, di una specie di “furto mascherato” da investimento.
Quanto dovrebbe durare questa occupazione del nostro porto, che ricordiamolo sempre è l’unico porto che abbia la Sibaritide? Certamente non pochi mesi o un anno, ma si tratta di qualche decennio più o meno come avvenne per l’Enel.
Quindi se la Baker Hughes vuole davvero investire qui non ha che da chiedere la zona industriale a fianco il porto e lasciare libere le banchine, che occuperà solo durante le operazioni di carico e scarico.
Diversamente se disgraziatamente qualche amministratore locale dovesse cedere alle pretese di questa multinazionale senza considerare la carta della zona industriale, si tratterebbe di una svendita del porto. 40 anni fa l’Enel occupo’ per trenta anni 300 operai e creò di un movimento di almeno 1200 maestranze che coincise con la nascita di Rossano Scalo, cioè una nuova città( prescindendo dall’inquinamento atmosferico che ha pure avuto le sue conseguenze) . Adesso si tratta in soldoni di poche decine di lavoratori contro la perdita di fatto del porto della città, a vantaggio di una sola azienda che lo monopolizza.
Invito quindi i responsabili istituzionali a valutare molto bene la situazione e diffidare delle lusinghe dell’amministratore di questa multinazionale americana, cercando concretamente di orientare la scelta sulla zona industriale già esistente, con le opportune strutture di supporto qualora si renda necessario.
FABIO MENIN