Arrivano silenti, mogi mogi e quatto quatto, nella quasi indifferenza dei più, dovuta a distrazione, a superficialità, quando se ne prende coscienza è quasi sempre troppo tardi. Un po’ come i tumori in agguato e ignorati prima, esplosivi dopo.
Parlo dei mutamenti sociali che stravolgono le nostre esistenze. Le avvisaglie esistono, i segnali sono numerosi, ma affaccendati in tutt’altre faccende non ce ne accorgiamo, chiudiamo la stalla quando i buoi sono scappati (vedi covid, internet e adesso l’intelligenza artificiale )
E’che la nostra cultura (visione del mondo e di ciò che ci circonda) è ormai inadeguata, viaggia come una littorina calabro-lucano a fronte di cambiamenti supersonici, non è in sincronia, non ha lo stesso passo.
Due esempi tra i tanti di cui non si ha pienamente contezza.
Fino a qualche anno fa per formarsi e informarsi, almeno a livello universitario, bisognava sgobbare, ingobbirsi per ore, giorni e mesi su noiosi tomi cartacei, pesanti e non sempre comprensibili, sorbirsi tabelle e schemi, con annessi mal di testa e scoliosi.
Oggi, in base ad un’indagine, quattro studenti su dieci, sfangano gli esami senza mai aprire un manuale. E li superano. Così un sapere frammentato e fragile si fa sempre più strada.
Siamo difronte a una liofilizzazione delle conoscenze tra corsi formato bonsai e studio ridotto in pillole, in dosi omeopatiche.
A volte basta una dispensa, una raccolta di appunti, le famigerate mappe concettuali, in sostanza materiali non strutturati, spesso progettati dagli stessi docenti come supporto complementare, che finiscono, invece, per essere l’unica fonte di studio.
Molto significativa, a tal proposito, appare l’immagine del buffet, un buffet educativo appunto per lo più imbandito con l’equivalente intellettuale del cibo spazzatura e una scarsa supervisione degli adulti a garantire che gli studenti scelgano un’alimentazione sana anziché rovinarsi lo stomaco.
Che farsene dunque di libri, titoli di studio e anni di praticantato se esiste Wikipedia? Perché leggere saggi, ricerche e giornali quando Facebook mette a nostra disposizione notizie autentiche e di prima mano?
Gli esami si sono sfarinati in sottoesami, anticipi ed esoneri che danno crediti evitando di sostenere l’intera verifica a fine corso, una formazione universitaria condensata, sintesi della sintesi, tipo reader’s digest.
Molti hanno dichiarato di aver fatto a meno di libri e di prodotti digitali editoriali, ritenendo sufficienti appunti propri o di colleghi, riassunti scaricati dal web, slide, quiz, correzioni di prove d’esame precedenti. La quantità di informazione è andata a scapito della qualità, l’ampiezza ha surclassato la profondità, è il sorgere dell’età dell’incompetenza.
Chiarisco: non do giudizi di merito ma constato quanto è sotto gli occhi di tutti nella realtà abitata.
Il rischio è che i ragazzi escano dall’università senza aver acquisito un metodo: non hanno “imparato a imparare”.
E’pur vero che l’accelerazione di tempo e di spazio non consente riflessione e consapevolezza, o si salta sul treno o si è fuori. I nostri antenati avevano tempo per riflettere, prendere la mira, sistemarsi e risistemarsi, riposizionarsi, aggiustare il tiro, decidere, rettificare e poi agire-
Adesso se appena ti attardi, il tempo di bere un caffè e ti ritrovi nel multiverso
Il mondo del secolo scorso è morto e sepolto e con esso i nostri amati oggetti iconici: cassette vhs, video registratori, mappe stradali cartacee, cabine telefoniche, musicassette, rullini e quant’altro.
Ma poi.. ci siamo accorti che non scriviamo più a mano se non qualche snob avverso al digitale? Non è pensiero da poco se anche neurologi e neuropsichiatri ne parlano con preoccupazione.
Scrivere a mano mobilita una trentina di muscoli, una ventina di articolazioni e una dozzina di aree del cervello, creando una «memoria motoria».
Un tempo, le scuole di scrittura avevano per oggetto la calligrafia, oggi puntano sulla creatività, come se manualità e creazione fossero due mondi separati.
L’invito a esercitare la scrittura a mano, e particolarmente il corsivo, viene ormai dagli scienziati quasi più che dagli esperti di didattica e dai linguisti. Quando si parla di pensiero, linguaggio, scrittura, tendiamo a pensare al mondo della cultura, mentre dimentichiamo che si tratta di fenomeni culturali che hanno un fondamento biologico.
E poi lo stesso termine digitale che oggi viene usato come sinonimo di tecnologico, rimanda alle dita e, dunque, alla mano, alla tastiera…tutto si compone, tutto ritorna, è solo un diverso assemblaggio. Non si tratta di magnificare il buon tempo antico ma di fare attenzione a non buttare l’acqua sporca con tutto il bambino.