Entrai, per la prima volta, in quella piccola chiesa, verso l’imbrunire, ho memoria di una fresca giornata di primavera.

Di fronte a quella piccola statua rimasi immobile e perplesso. “E’ S.Nicola” sentii una voce calma e dolce, alle mie spalle. Mi girai e vidi un sacerdote nel pieno della maturità che, con fare paterno, continuò la spiegazione sul Santo e sull’origine della parrocchia al Santo dedicata. Quel prete era Don Antonio De Simone, il “mio” “donnnantonio”.

Qualcuno lassù pensò bene di incrociare la mia traiettoria, il mio percorso spirituale con quel Servo di Dio e la mia vita cambiò.

Strano destino per un sacerdote lontano anni luce dalla ribalta, dall’ostentazione, dall’esibizionismo, dalla vanità (avesse potuto..sarebbe diventato invisibile ), essere così presente, concreto, “ denso”, stimato e amato.

Volutamente sottotraccia, quasi nel nascondimento ma goccia che erode e purifica.

Non potevi realmente “conoscere “don Antonio se non conoscendolo. Superficiali e approssimativi come siamo, in una società che corre all’impazzata, stiliamo, a volte, giudizi di una povertà assoluta.

Forse troppi, molti lo hanno sottovalutato (lui del carrierismo se ne impippava ), se lo hanno fatto, non lo conoscevano o pensavano di conoscerlo. Solo frequentandolo assiduamente e, magari, collaborando nei tanti compiti che un sacerdote deve affrontare, potevi accorgerti di che “pasta” era l’uomo e il Pastore.

I termini che maggiormente ricorrono in questi giorni di afosa tristezza e malinconia abrasiva sono quelli di pastore buono, uomo e sacerdote dolce,prudente, saggio, sapiente…tutti centrati, assolutamente veri..ma non bastano. Sul “don”si potrebbero scrivere dei libri e, forse qualcuno lo farà. Forse solo adesso ci accorgiamo di quanto profonda fosse la sua testimonianza e il suo essere un punto di conforto per tanti, di ogni età, sparsi nel vasto territorio diocesano.

Colto sì, la prudenza come virtù,mai saccente , curiale e sofista; in primis l’umanità, puntare al cuore dell’uomo, occhi con occhi.

Su qualsiasi argomento era un passo avanti.

Potevi aver letto decine di libri e, dunque, sentirti abbastanza preparato per tenergli testa, ma lui ti spiazzava sempre,con naturalezza, tomo tomo, lemme lemme, toglieva, smussava,integrava ( come un provetto cuoco stellato con le ricette )aggiungeva qualcosa che tu non sapevi, non avevi contemplato e che non era su alcun libro..semplicemente non conoscevi, perché solo lui poteva saperla in quell’impasto di vita, esperienza, discernimento, umanità, cultura che possedeva.

Ecco allora che frequentandolo non potevi non arricchirti e non solo spiritualmente, in barba a libri, social, internet web e diavolerie varie.

Nulla ha mai fatto per mettersi in mostra, detestava la prosopopea, l’intellettualismo sterile, gratuito, da certi tromboni pieni di lustrini e ricchi di paramenti, non aveva bisogno di infiorettare o usare un linguaggio forbito, ma ogni sua sillaba era una sentenza, un insegnamento, un balsamo consolatorio, pieno di speranza, incideva e formava-

Io non so quanti sacerdoti, specie quelli di vecchio stampo, recidono i legami con i propri parrocchiani.

Lui se li portava dietro, ovunque andasse, con la stessa attenzione e affetto, penso abbia inaugurato il “metodo Francesco” telefonando a casa dei parrocchiani o ex, conoscenti e amici, chiedendo, ricordandosi di tutti fino all’ultimo dei familiari.

E’il metodo umiltà, il metodo Pastore conoscitore di anime. E quanto imbarazzo, amato “don” ,avvertivo quando giungeva una tua telefonata! (come vedi sono passato al “tu”:ad un amato fratello maggiore non posso più dare del voi) , ero io a dover telefonare al mio maestro, cosa che raramente ho fatto per una sorta di stolta timidezza

Io e mia moglie abbiamo avuto il privilegio, con le nostre povere forze, di darti una mano, nei numerosi e gravosi impegni che una grande parrocchia, S. Nicola, poi S. Paolo, richiede.

A distanza di anni hai rivelato che ogni tanto sbirciavi dalla sagrestia, durante le ore domenicali di catechismo, apprezzando per come insegnavamo la Parola del Signore ai giovanissimi alunni. Poca cosa rispetto a quanto tu hai ricambiato onorandomi nel propormi in Diocesi come Ministro straordinario della comunione eucaristica, incoraggiandomi nell’approfondimento delle Scienze teologiche, seguendo la vita spirituale di mia figlia nei Sacramenti dell’iniziazione.

Ho pregato il Signore affinché fossi tu ad unirla sull’altare, ma questo non è stato possibile.

Caro “don” ho vissuto e vivo, come la maggior parte delle persone, momenti spirituali difficili, la mia luce si è quasi spenta quando il Vescovo ti ha voluto Amministratore in Diocesi e,senza la tua presenza ho smarrito la strada ,una bussola impazzita pur consapevole che il vero cristiano non deve essere condizionato dalla presenza o meno di un parroco ( è il famoso uno vale uno di fronte al Signore ), questo in teoria, ma lontano anni luce dalla realtà e dalle nostre fragilità-

Privato anche dalle consolazioni che le tue omelie balsamiche trasmettevano, quadri teologici e pedagogici di luce e speranza (che peccato non averli registrati) quando spariva, chi sa mai perché, anche quell’impercettibile balbettio che ancor di più ti rendeva il solo, unico donnantonio,non potevo non oscillare.

La stessa Chiesa S. Paolo mi è, improvvisamente, apparsa estranea, allora qualcosa in me si è sfilacciato, non spezzato solo perché sostenuto da decisiva e semplice constatazione:se il Signore manda sacerdoti come te, le nuvole dovevano essere per forza passeggere ed è questo che mi ha salvato,la certezza di una presenza, una presenza mai realmente lontana, vera àncora di salvezza

Lo so che da lassù starai sorridendo (mai risata disturbante o fuori sincrono), del resto il senso dell’ironia non ti era affatto estraneo, non per niente amavi i film di Totò e i raccontini umoristici. deliziosi episodi reali, legati al numeroso gregge che hai accudito e guidato con discrezione e somma attenzione, già sto parlando o meglio scrivendo troppo, è ora di sollevare l’àncora senza non prima esporti una perplessità amatissimo “don”: quando sarà il momento, non saprò chi abbracciare per prima tra te e i miei genitori .

P.S. “Don” ancora una cosa: metti una buona parola per noi verso quel Gesù che ti sorride (questa volta.. falla una raccomandazione). Per sempre nel cuore.