c’est la vie dicono i poliglotti. Il bianco e nero dell’esistenza, a volte il chiaroscuro, segnano le nostre giornate. Fatto sta, che bene e male si amalgamano, tagliarli con l’accetta è difficile.
Succede che improvvisamente, nel mentre combatti con le ambasce quotidiane, ti senta male e, qualcuno, lassù, che ancora ti vuole bene, ti fa trovare nel momento giusto al posto giusto e due angeli, con camice bianco, al “centro vaccinale” Donnanna, capiscono la difficoltà ed intervengono con apprensione e competenza, rassicurano e tranquillizzano.
Sono coloro che oltre a conoscenze mediche si “prendono cura” in senso olistico. Non fredde macchine, ma persone che curano persone, umanità su umanità, fedeli al giuramento di Ippocrate, capaci di riconoscere ed “amare” il fratello in difficoltà, condurlo da un ambiente estraneo a una dimensione familiare.
E poi succede che ti ritrovi nell’antro angoscioso del Pronto soccorso, Pronto a che cosa? Ad infliggerti un’attesa snervante di ore su ore, specie se hai il codice giallo, fin quando non incontri un medico che, stressato e nervoso, confonde il sofferente con un manichino, ed il rapporto medico-paziente assume il carattere di una relazione asimmetrica tra chi impone e chi subisce, non una parola di conforto.
Alcuni il “giuramento” lo mettono sotto i piedi. Stanchezza e frustrazione, pur legittimi, non giustificano freddezza e spersonalizzazione…
Vero è che la sanità è allo sbando- Il governo per es. non ha un piano per assumere 30.000 tra medici e infermieri che già proclamano lo sciopero per il 20 novembre. Saltata anche la defiscalizzazione dell’indennità di specificità medica trasformata nel 2025 in una mancetta da 17 euro al mese nelle tasche dei dottori, ancor meno in quelle degli infermieri.
Rimane il fatto che chi non è capace di tranquillizzare un paziente, mettergli una mano sulla fronte, umanizzare le competenze scientifiche, fosse anche Pier Francesco Nocini, votato, dagli stessi colleghi, tra i 50 migliori medici di tutta Italia, quella professione non può più svolgerla, meglio dunque un asino vivo che un medico freddo come il marmo dell’obitorio.
Carmela Rizzo