Avere nostalgia della pandemia è veramente il colmo. Eppure sui social sempre più persone, tra il serio e il faceto, pubblicano contenuti riguardanti una presunta nostalgia non tanto per il malefico Covid-19 ma per la “quarantena” quando abbiamo avuto l’illusione, per un attimo, che il mondo si fosse fermato.

Certo una pausa forzata e dolorosa fatta di strade vuote, impegni annullati, isolamento fisico, frustrazione, malattia e morte capace, comunque, ( ed è forse questa la straordinaria capacità dell’essere umano ad adattarsi ) di offrire risorse inaspettate come quelle di privilegiare attività intime, domestiche, introspezione, guardarsi dentro, intervallate da qualche chiacchiera consolatoria con parenti e conoscenti attraverso videochiamate, ritmi ai quali non eravamo più abituati e che, volenti o nolenti, ci hanno allontanati dallo stressante e monotono tran tran quotidiano.
Abbiamo capito che esisteva un modo diverso di stare al mondo, fatto di lentezza, (….l’elogio della lentezza..) riflessione e connessioni autentiche, il tutto, come detto, in un contesto di paura, dolore, sofferenza, malattia e ..problemi economici.
Il lavoro rallentato quando non fermo del tutto, un silenzio irreale intervallato dal suono della natura, gli spostamenti ridotti e, infine, la riscoperta del valore del tempo vissuto senza l’ossessione della produttività, un tempo, appunto, cronologico oltre che spirituale, percepito in modo diverso, uno scorrimento irreale e ripetitivo, sospeso, di attesa, sembrava vivere ogni giorno lo stesso giorno, sensazioni certo personali, di natura psicologica, di assuefazione.
Spiegano, appunto, gli esperti (e chi se non) che, l’isolamento fisico e una ridottissima esposizione a nuovi stimoli, crea un effetto noto in psicologia come teoria della compressione del tempo: quando il nostro cervello sperimenta meno eventi nuovi, il tempo vissuto sembra scorrere lentamente, i mesi successivi alla pandemia infatti, caratterizzati da una rapida ripresa delle attività, hanno ricalibrato la nostra percezione temporale con un ritorno a una sovrabbondanza di stimoli e impegni.
 In realtà, se oggi molte persone provano nostalgia per la quarantena, (sembra incredibile eppure è così) non è perché dimenticano le sofferenze (impossibile dimenticare) e le paure di quel periodo, ma perché il mondo in cui siamo tornati a vivere è tornato spietato, crudele, sempre più competitivo e cinico nel monetizzare tempo e risorse umane.
La sensazione, dunque, di vivere ogni giorno lo stesso giorno, perché uguale al precedente e al successivo: (qualcuno ricorda il film “ Ricomincio da capo” con Antonio Albanese ?) un loop mentale che può essere invalidante, ha solleticato l’interesse della Scienza.
La soluzione che alcuni propongono per sfuggire a questa gabbia mentale da criceto fatta da isolamento fisico, da una routine snervante, è quella di sperimentare nuovi eventi, ancorare il cervello a diversi stimoli modificando e superando la nostra percezione temporale.
  Quando ripetiamo le stesse esperienze, il cervello smette di registrarne la novità e il piacere diminuisce, allora è bene prendersi una pausa dalle cose che amiamo.
Sembra controintuitivo, ma allontanarsi per un po’ da un’attività, anche se ci piace, può farcela apprezzare di più quando la riprendiamo. Ascoltare una nuova canzone per ore e ore dopo un po’ perde di bellezza, ma se la si lascia riposare (direi decantare..),per qualche giorno e poi la si riascolta, torna a emozionare.
Questo vale anche per le abitudini più piacevoli come il caffè del mattino o, ovviamente, incollarsi al computer. Il nostro cervello risponde positivamente agli stimoli nuovi producendo dopamina, la molecola della motivazione e del piacere.
Allora è lecito chiedersi: ma tutto questo vale anche nel rapporto abitudinario tra moglie e marito?..Mah!

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