Cos’altro si può fare difronte a questa trottola impazzita chiamata Terra se non innalzare lo sguardo e puntare, con le nostre misere forze, ai massimi sistemi poggiando ben saldi sulle spalle dei giganti che ci hanno preceduti.
Perché allora tanto odio a tutti i livelli politico, sociale, familiare, antropologico? Che cosa abbiamo nell’animo, cosa ci disturba? Parlare del Bene e del Male è scervellamento speculativo di menti bene addestrate.
Non esiste “testa” che non abbia dibattuto l’ontologica, immane questione e tutti ne sono usciti con le ossa rotte.
E’pur vero che la soluzione, sia pure solo argomentativa, a volte, è sotto gli occhi e non la si vede fatta com’è di ragionamenti apparentemente semplici al limite della banalità.
Dunque, come dicono i più, siamo fatti d’amore e allora l’odio che c’azzecca? Semplice ( !! ).
Il sentimento distruttivo in questione, secondo quanto afferma Federico Faggin (scienziato e fisico italiano, inventore del microprocessore…e scusate se è poco) è conseguenza di un grande abbaglio, un fraintendimento.
L’uomo è irripetibile ed unico, come lo è una foglia o un’impronta digitale (e su questo siamo d’accordo) e allora? E’proprio la distorsione della nostra unicità che crea l’odio, che confonde e da alla testa in quanto la si percepisce come superiorità.
Questo genera sentimenti negativi quali gelosia, invidia, ostilità che portano al disprezzo, al razzismo, alla violenza e,quindi, tormento dei nostri giorni, alla guerra.
Il senso di superiorità non può coesistere con l’amore.
Sarebbe così semplice avere consapevolezza che nessuno e più unico, irrepetibile e speciale dell’altro, non siamo né superiori né inferiori a nessun altro.
Se ogni individuo è unico, qualsiasi confronto è fuori questione, perché l’unicità porta all’impossibilità di fare paragoni.
Ed è inutile illudersi. Il problema non è solo appannaggio dei “potenti” ma riguarda tutti, senza eccezioni, anche se in misura diversa, come singoli, come collettività, come famiglie e come Nazioni.
La brama di potere è una conseguenza di tale distorsione: vogliamo il potere per giustificare il bisogno di essere superiori agli altri e per dimostrare che lo siamo. E spesso questo desiderio smodato scaturisce paradossalmente da un senso di inferiorità o da una paura di non essere all’altezza della situazione, di cui a volte non siamo nemmeno consapevoli.
Tra l’altro i modelli economici, politici, finanziari, i media, il sistema educativo e perfino le attività di intrattenimento stimolano continuamente la competizione, l’eccitazione e le emozioni basate sugli impulsi, e questo ha conseguenze impensabili rispetto a come ci rapportiamo gli uni agli altri.
Come detto, anche il sistema educativo ci mette il carico, stimola di fatto la competizione.
La competitività isola, separa e rende estranei. Ed è proprio grazie a queste divisioni che coloro che detengono potere, ricchezza e grandi mezzi di comunicazione riescono a dominare la maggioranza.
Lo scrittore Alexandre Dumas disse: “Non riesco a comprendere perché, pur essendo i bambini così intelligenti, gli adulti siano tanto imbecilli. Dev’essere frutto dell’educazione”.
Purtroppo spesso il sistema educativo è centrato sull’istruzione, (che non è Educazione), sulla competizione, sulla disciplina e sull’individualismo, anziché sui valori e l’altruismo. E quindi continuiamo a condizionare i bambini per far sì che essi si adattino all’ingranaggio sociale.
Invece, dovremmo insegnare loro che la collaborazione è più importante della competizione È un dilemma che non possiamo risolvere dall’esterno, perché non esiste una bacchetta magica che consenta di eliminarlo.
Ciascuno di noi deve risolverlo dall’interno, individualmente e per sua scelta, diventando consapevole del proprio senso di superiorità in modo da poterlo comprendere e quindi sciogliere, proprio come si scioglie un nodo.
Non c’è nulla di nobile nell’essere superiore a un altro uomo. La vera nobiltà sta nell’essere superiore alla persona che eravamo fino a ieri.


