L’ufficio espropri del Comune di Rossano originariamente era costituito da due dipendenti, nel 1988 tale ufficio veniva affidato al dipendente C.S., geometra, che dal 1999 veniva anche formalmente investito della responsabilità dell’Ufficio Espropri.
Il C.S. si è sempre disimpegnato nei compiti relati alle varie pratiche espropriativo, in un settore molto complesso ed importante, in quanto dalla buon perfezionamento dell’iter dipende la realizzazione di opere pubbliche programmate nell’ambito delle risorse economiche destinate e così finalizzate, mentre da eventuali mancanze o discrepanze del procedimento ne possono derivare richieste risarcitorie dei proprietari, non più destinatari di <indennizzi> ma di pagamento di somme più significative a titolo risarcitorio delle aree espropriate secondo il valore di mercato.
Ma nonostante l’importanza del servizio espropri, dal 2003 al dipendente C.S venivano affidati anche i compiti di segretario della Commissione Aterp Case Popolari e dell’Ufficio Casa, che comportano contatti con coloro che presentano domande per l’ottenimento di casa popolare, esponendo lo stesso referente a pressanti sollecitazioni da parte degli interessati.
Il dipendente C.S. faceva presente l’eccessività del carico di lavoro, pur continuando a svolgere tutte le affidate delicate mansioni, chiedendo di essere esonerato ovvero coadiuvato da altro personale, ma senza alcun fattivo tempestivo intervento da parte dell’Amministrazione Comunale dell’epoca.
Ciò determinava un grave pregiudizio alla salute del dipendente, propri a causa dell’eccesivo carico lavorativo, cumulando nella stessa persona sia la responsabilità dell’Ufficio Espropri che la responsabilità della segreteria della Commissione Aterp Case Popolari e dell’Ufficio Casa..
Il C.S. sollecitava e reiterava l’Amministrazione Comunale del tempo a rivedere la condizione di lavoro, redistribuendo in modo più equo i relativi compiti, ma tanto inutilmente.
Il perdurare di tale condizione lavorativa incideva sul suo stato fisico, causando un grave danno alla salute del medesimo.
Di fronte a tanta insensibilità, nel 2007 il C.S. si rivolgeva al Giudice del Lavoro dell’ex Tribunale di Rossano, dando mandato all’avv. Giuseppe Tagliaferro, il quale presentava ricorso, invocando la tutela del diritto alla salvaguardia del dipendente nell’ambiente lavorativo e proponeva, stante la palese violazione della relativa normativa, domanda di risarcimento dei danni non patrimoniali per il pregiudizio alla salute, siccome dipeso dall’eccessivo carico di lavoro.
In particolare, deduceva che il gravoso incarico di addetto all’ufficio espropri e di segretario della commissione case popolari e dell’ufficio casa comportavano un eccessivo impegno di lavoro, oltre la normale tollerabilità con conseguente danno per la salute dello stesso dipendente, allegando copiosa documentazione attinente ai compiti svolti e al pregiudizio fisico subito.
Il Giudice, su richiesta della difesa del C.S., acquisiva la documentazione, disponendo consulenza medica d’ufficio per verificare lo stato di salute del dipendente C.S. e in caso di riscontrate patologie se fossero connesse alle condizioni di lavoro.
Il consulente medico accertava che lo stato di salute era stato danneggiato dall’eccessivo carico di lavoro, valutando i postumi del subito pregiudizio.
All’udienza dell’8.1.2018 la causa veniva discussa e decisa.
Il Tribunale di Castrovillari, Giudice Dr. Falerno, con sentenza emessa in data 8.1.2018, ha affermato che il Comune di Rossano, ha effettivamente gravato il ricorrente di un’eccesiva mole di lavoro, tale da determinare effetti nefasti alla salute del dipendente, condannando lo stesso ente al risarcimento del danno non patrimoniale, come liquidato in sentenza, oltre interessi legali dal 2004 e rivalutazione monetaria, motivando l’avvenuta violazione dell’art. 2087 c.c., che impone di salvaguardare l’integrità fisica e la personalità morale del lavoratore, con l’adozione di misure necessarie a tutelare la salute dei dipendenti.
Soddisfazione è stata espressa dal dipendente C.S., che dopo anni di battaglia giudiziaria ha ottenuto dal Giudice il riconoscimento del diritto alla tutela della salute e il diritto al risarcimento per il pregiudizio subito, costituendo la stessa pronuncia non solo una censura alle condotte del datore di lavoro, rimasto insensibile per molti anni allo stato di salute del proprio dipendente, ma anche un monito per il futuro a rispettare la normativa che impone anche alla P.A. quale datore di lavoro, di adottare tutte le misure idonee a salvaguardare la condizione fisica e psichica dei propri dipendenti e a redistribuire i carichi lavorativi in modo equo e tale da non arrecare danno alla salute degli stessi, garantendo così anche il migliore funzionamento dei servizi istituzionali.