E’ bastato lamentarsi per qualche problemuccio relativo al mondo triste e ballerino che la mia generazione abita con una certa inquietudine, cercando sollievo nella nostalgia canaglia dei bei tempi andati, per vedersi sotterrati da un fracco di vicende e problemi che noi babyboomer ignoravamo inconsapevolmente.
Forse perché i nostri genitori ci proteggevano dalle brutture o avevano ben altro a cui pensare, o che le notizie non erano così impattanti, spaventevoli, devastanti e a getto continuo, e dunque scivolavano come pioggerella primaverile.
Fatte le sempre debite eccezioni, noi adolescenti negli anni ‘60, vivevamo dentro una bolla protettiva.
Il nostro piccolo mondo era fatto di collaudate amicizie, abitudini standardizzate, percorsi segnati da parziali visioni, tutto pareva immutabile, fermo come bonaccia; sapevamo come muoverci e cosa fare, programmati su scuola, amici, giochi (l’onnipresente pallone) e pensiero fisso sulle ragazze.
Gli scossoni erano rari ed estranianti, giungevano come echi di tuoni lontani.
Certo sapevamo che al di là del nostro ombelico c’era “vita”, ma a noi, cosa importava?
A meno che non fossero tragedie con il botto, ricordo nitidamente, per esempio, quella del Vajont o il terremoto del Belice, trasmessi con brevi e confusi filmati da una televisione monotematica in bianco e nero on sfarfallio e nevischio incorporato, le nostre abitudini non ne risentivano.
Cosicché solo dopo, molto dopo, da studenti di scuole superiori o addirittura universitari, ci siamo resi conto che avevamo perso qualcosa.
I nostri anni ‘60 che, più tardi, scoprimmo fossero addirittura favolosi (per chi?) scorrevano, pericolosamente, verso cambiamenti irreversibili insieme ai nostri sogni e alla nostra giovinezza..mentre il mondo pulsava e ribolliva…come sempre, diviso in due blocchi.
Vietnam, Cambogia e Mozambico in guerra; per ben per due volte — a Cuba nel ’62 e in Medio Oriente nel ’73 — eravamo arrivati a un passo dalla guerra nucleare.
Mezza Africa alla fame, il Sud Africa oppresso dall’apartheid, l’India devastata dalla povertà, la Cina abitata da 600 milioni di contadini sudditi di Mao, per i quali un piatto di riso era una conquista.
L’assassinio di John e Robert Kennedy e Martin Luther King Jr. il Movimento dei diritti civili, le contestazioni studentesche, la rivoluzione culturale in Cina e lo sbarco sulla luna…tanta roba.
E nel nostro cortile?
Eravamo più poveri di beni e di opportunità, un Paese scosso da tensioni, talora da tragedie; più inquinato: fabbriche in città, acciaierie in riva al mare, nubi tossiche, ciminiere, smog; più violento: scoppiavano bombe fasciste nelle banche e sui treni; brigate comuniste sparavano a politici, magistrati, poliziotti, giornalisti, operai.
La borghesia era terrorizzata dai sequestri di persona, un Paese decisamente più maschilista, in cui i «femminicidi» non facevano notizia: chi trovava la moglie con un altro e la ammazzava non commetteva un crimine ma un «delitto d’onore», spesso non finiva neppure in galera.
Al fin della fiera ogni epoca ha le sue croci e le sue delizie.
Ma oggi che affoghiamo nelle informazioni, assediati accaventiquattro , le varie generazioni che si susseguono e convivono ( sembra che dal 2010 ne convivano sette) classificati con lettere dell’alfabeto ,X,Y, Z , sono al corrente di quello che accade ? Sono sul “pezzo” o, meglio, ne hanno coscienza oltre che conoscenza? Hanno un pensiero critico?
E’ risaputo che la maggior parte dei giovani di oggi non acquista o legge giornali, come gran parte della popolazione in generale.
Ai giovani effettivamente interessa essere informati o la ritengono un’attività noiosa per cui non vale la pena spendere del tempo? Il problema è che molto spesso, mancano proprio mezzi di informazione che siano coordinati con le esigenze delle nuove generazioni, ed è per questo che occorre comunicare cercando il linguaggio più adeguato per suscitare il loro interesse e la loro attenzione.
La critica che viene prevalentemente mossa riguardo all’informazione delle nuove generazioni è quella di fare un uso “snack” dell’informazione, ovvero di leggere velocemente le notizie, senza avere un quadro completo della situazione, e quindi infine di formulare un pensiero non razionale e oggettivo riguardo una determinata tematica.
Dal momento che l’attenzione sui social è davvero molto bassa, è dunque fondamentale avere canali di informazione in grado di mettere insieme brevità, accuratezza e informazione di buona qualità. Siamo sempre più certi che una generazione non informata non può prendere scelte consapevoli e non può cambiare ciò che ad oggi non va, e per questo, spesso, i Social Network vengano additati come una fonte di fake News e cattiva informazione,
Il pubblico giovane vede le notizie come ciò che si dovrebbe sapere (in una certa misura), ma anche ciò che è utile sapere, ciò che è interessante sapere, e ciò che è divertente sapere per loro.
I più giovani aggiungono a questo una sensazione di sovraccarico informativo e chiedono un’informazione più personalizzata che possa aiutarli a navigare attraverso il mare di notizie che ricevono sui loro smartphone e a risparmiare tempo nella ricerca di informazioni rilevanti.
Ci si informa per essere in grado di partecipare a discussioni su argomenti di attualità a scuola o con il gruppo dei propri pari, per essere aggiornati su eventi che influenzano direttamente la propria vita quotidiana (come eventi metereologici o attività criminali che si verificano nel proprio contesto geografico), per tenersi aggiornati su argomenti che interessano il proprio gruppo di amici.
Noi non sapevamo, loro sanno, ma chi muove i fili degli Eventi poco gliene cala.