È dal Gennaio del 2014 che, pubblicamente e reiteratamente, ci occupiamo, con cura e parsimonia, di trattare l’incresciosa vicenda dei nostri militari Latorre e Girone. Nel mentre tre governi non eletti dal suffragio popolare si sono succedi in questi ultimi anni dimostrando una netta e totale incapacità diplomatica in campo internazionale, i nostri Marò illegittimamente continuano a patire una ingiusta inibizione del sacrosanto diritto alla libertà.
In questi tre anni abbiamo semplicemente assistito a uno squallido scenario da melina giudiziaria poiché il caso, se pur complesso nella sua formazione, poteva essere gestito in altro modo.
Il primo immane “orrore” commesso, in illo tempore, dal governo Monti fù proprio quello di avere consegnato materialmente i nostri militari nelle mani degli organi di giustizia indiana. Da lì in poi variegati iter processuali si sono succeduti nel corso del tempo con addirittura il rischio che i nostri Marò potessero subire l’applicazione di una condanna a morte secondo la legislazione indiana.
Ricordate il caso di quelle due sprovvedute volontarie italiane rapite in Siria da una costola criminale di Al Nusra e liberate nell’immediato dallo Stato italiano dietro il pagamento di un cospicuo riscatto?
Ebbene, la paradossale incredulità consta nel fatto che, nel mentre quelle due ragazze adulatrici del più spudorato fanatismo del terrore venivano immediatamente liberate, i vari governi italiani succedutisi hanno intenzionalmente evitato di trovare una giusta e concreta risoluzione alla vicenda Marò.
Pertanto, a tal uopo, una domanda sorge spontanea: il caso Marò è una questione di Stato o una errata applicazione delle procedure giudiziarie? La risposta a tale quesito è la seguente: dietro al chiaro sequestro dei nostri Marò pendono, sicuramente, mere questioni di Stato determinate da affari economici o da scambi commerciali non andati a buon fine tra le due nazioni. Nitida e palese è la contingenza secondo la quale per un semplice sequestro il governo italiano ha prontamente sborsato cifre esorbitanti a discapito, invece, di una questione risolvibile tramite trattative tra gli Stati dimostrando così una claudicante forza negoziale impositrice.
Gli incidenti diplomatici vanno risolti con la massima autorità e abilità e non di certo con sterili negoziati. L’Italia, in questo periodo, ha un impellente bisogno di essere rifondata dalle sue radici, dalle sue fondamenta. L’Italia ha un impellente bisogno di veri statisti e di una forte rappresentatività in campo internazionale. L’Italia e gli italiani, sicuramente, non meritano di essere rappresentati, in Patria e all’estero, da falsi profeti della politica.