La ricorrenza, del 60/esimo anniversario dei Trattati di Roma che avviarono la costruzione dell’Unione Europea, sancisce il mio ritorno da Destra all’impegno militante per concorrere a realizzare il sogno dell’Europa Nazione, dell’Europa dei popoli sovrani. Ripartendo proprio da Roma dove la comunita’ di Destra, che si ritrova nel Movimento Nazionale per la Sovranita’, manifesta la sua rinnovata volonta’ di far rinascere l’Europa dalle ceneri di ”Questa Europa”.
E’ sin troppo evidente che la ”costruzione europea” sin qui seguita si fonda su un’architettura affatto stabile ed e’ segnata da una crisi profonda, che sembra essere una crisi di struttura, di architettura istituzionale e di leadership politica che provoca, in una sempre crescente platea di cittadini, una profonda estraneita’ e ostilita’ ad un progetto ritenuto in contrasto con gli gli interessi della propria Comunita’ nazionale.
Le distorsioni della globalizzazione che si sono andate accettuando con la crisi economica globale hanno fatto da detonatore alle pesanti difficolta’ europee, con la crescita della disoccupazione a livelli doppi e tripli rispetto a Stati Uniti e Giappone e tassi di crescita reali e medi annui dal 2010 ad oggi contenuti tra l’1% per l’area euro e l’1,4% dell’Ue. Con un tasso di innovazione tecnologica di molto inferiore agli altri sistemi; con il ritorno sulla scena globale della Cina e l’avanzata di nuovi Paesi industriali dell’area asiatica. In particolare, dalla crisi dei debiti sovrani in poi sono emersi tutti i limiti della struttura istituzionale europea che e’ rimasta sostanzialmente inerte di fronte alla caduta verticale dei redditi, alla perdita di lavoro, all’emergere di nuove poverta’. C’era bisogno di ricorrere a strumenti ”anticiclici”, mentre la finanza ha imposto il ”Patto di Stabilita’ senza Crescita, il Fiscal Compact che ha tolto sovranita’ fiscale agli Stati membri.
E quando l’Unione ha tentato di porre mano a ”riforme strutturali”, quest’ultime non hanno avuto nessuna corrispondenza con un modello economico e sociale fatto di diritti, lavoro, welfare, squilibrando i rapporti di forza, nella zona euro, dei Paesi membri e vanificando solidarieta’ e sussidiarieta’.
Da tale quadro desolante emerge con sempre piu’ evidenza che l’unico Paese ad uscirne ”vincitore” sia stato la Germania. La sua struttura produttiva gioca un ruolo egemone nell’ambito del tessuto europeo della manifattura e dei servizi ed indirizza la politica europea e la sua regolamentazione mentre la moneta unica e’ risultata essere piu’ a misura del sistema economico tedesco che degli altri Paesi dell’Euro-zona.
La sfida dei rischi globali, immigrazione e terrorismo in particolare, impongono all’Europa un deciso cambio di strategia che , nel pieno rispetto delle SOVRANITA’ NAZIONALI, recuperi un progetto comune.
Domenico Campana