La ricorrenza del 2017 per la liberazione dell’Italia, pone, oltre ai valori costituzionali di democrazia e diritti fondamentali dell’uomo, una seria riflessione sul rispetto dei lavoratori del commercio, al riposo festivo ed al tempo libero. Abbiamo già assistito al vergognoso squallore dell’apertura di centri commerciali e supermercati, con alcune ammirevoli eccezioni, nei giorni di Pasqua e, addirittura, pasquetta, con i dipendenti costretti a servire clienti insensibili ed illusori profitti padronali.
Il decreto del governo Monti, noto come “salva Italia”, come da noi profetizzato, ha prodotto i suoi effetti nefasti ed evidenzia sempre di più le sue contraddizioni. Molti italiani trascorrono le domeniche e i giorni festivi in un centro commerciale. Il capitale si accaparra anche i giorni di festa.
La possibilità degli esercizi commerciali e dei grandi ipermercati di tenere aperto sempre, anche durante le domeniche e i festivi, è stata recepita subito da tutti i soggetti interessati al profitto ma, nel contempo, creando gravissimi problemi ai lavoratori, che non hanno più tempo per se stessi e per le proprie famiglie, aggiungendo un ennesimo tassello allo stato di precarietà, basso salario, difficoltà nella vita di relazione e degli ormai pochissimi diritti per oltre due milioni di addetti del settore.
La crisi del commercio non ha nessun collegamento con le aperture e la liberalizzazione degli orari ma nasce dalla mancanza di reddito diretto ed indiretto dei consumatori, ed ecco una prima contraddizione evidente. Le mirabolanti promesse di crescita occupazionale all’indomani del decreto Monti, e propagandate da Letta e Renzi, si stanno traducendo oggi in chiusure di migliaia di imprese piccole e grandi, che non reggono la concorrenza. Le nuove assunzioni nella Grande Distribuzione Organizzata sono rimaste lettera morta e si sono tradotte in aumento di carichi di lavoro degli occupati già precarizzati.
L’aumento dei carichi di lavoro e quello del nastro orario, per far fronte alle liberalizzazioni, non si è tradotto in stabilizzazione dei rapporti precari o in crescita salariale. I lavoratori hanno visto aumentare la flessibilità e la precarietà e nel contempo le aziende ed i sindacati concertativi hanno “limato” le maggiorazioni festive e domenicali attraverso macchiavellici accordi a perdere. Insomma, lavorare di più per guadagnare di meno.
In un paese che fa i suoi continui richiami alla “sacralità” della famiglia e dove i servizi pubblici non sono attivi spesso neanche il sabato, ed in un settore dove l’80% degli occupati sono di sesso femminile, sievidenzia una terza forte contraddizione. Come può una donna che lavora nel commercio, dove la flessibilità è un elemento imprescindibile, straordinari e festivi obbligatori, orari che cambiano ogni giorno, ferie non concordate sono la normalità, rendere conciliabili i tempi di vita e di cura della famiglia con il proprio lavoro? La contraddizione più manifesta, però, è quella evidenziata dalle confederazioni sindacali concertative che raccolgono firme con la mano destra e contrattano le aperture con la mano sinistra. Un doppio gioco che ha, nei fatti, accompagnato i processi di liberalizzazione degli orari rendendo impossibile l’esistenza dei lavoratori di queste nuove “fabbriche metropolitane”.
USB, quindi, invita gli operatori del commercio, ad iniziare dal prossimo 25 aprile e tutte le domeniche dell’anno, a far riprendere la normale vita dei dipendenti e dei cittadini. Trascorriamo le feste favorendo la socialità, il riposo, la riflessione, la cultura, lo sport, facciamolo creando le giuste alleanze tra “consumatore inconsapevole” e “lavoratore consumato”. Il modello sociale che ci vogliono imporre attraverso lo sfarzo e le luci dei Centri Commerciali è soltanto un inganno in favore dei profitti delle grandi multinazionali del commercio e della lega delle cooperative ed un danno per i lavoratori, i consumatori e la società.
Pietro Altavilla
Coordinamento Regionale USB – CALABRIA