Il 22 ottobre sarà un giorno assolutamente storico per questa terra. I coriglianesi ed i rossanesi si recheranno alle urne per affidare alla scheda del referendum consultivo, il loro parere sulla fusione dei comuni di Corigliano e Rossano.
Una data storica che segnerà lo spartiacque fra chi vorrà continuare a condannare le due città ad un lento, inesorabile e progressivo oblio e chi, invece, almeno proverà ad affidare alle generazioni a venire, un futuro migliore.
Strano è che a distanza di due giorni dal decreto del presidente della Regione, Mario Oliverio, con il quale ha indetto il referendum, le due amministrazioni comunali non abbiano avvertito la ben che minima necessità di profferir parola sull’argomento. Perché, forse, preferiscono, non palesarsi in modo deciso per timore di essere “bollate” ed etichettate dall’una o l’altra parte delle due cittadinanze.
Insomma, un po’ come fanno gli equilibristi, gli amministratori camminano sulla fune, in perfetta staticità, tentando di non scontentare nessuno: è il miglior viatico verso il consenso, in una concezione gretta e mediocre di fare politica.
Ebbene, giacché si tende a diffidare di chi non ha il coraggio di manifestare le proprie idee, i cittadini prendano le distanze da chi non ha l’ardire di supportare, in un modo o nell’altro, le proprie idee, testimoniandole con i fatti per poi celarsi dietro gli atteggiamenti di facciata falsi e ipocriti.
Prendano le distanze da quella politica che teme la fusione per proprio tornaconto personale perché è più facile essere eletti nella propria comunità, piuttosto che vincere una sfida ben più ampia ed andare a conquistare il consenso anche nell’altra comunità, dove magari si è poco conosciuti o si ha poca o nulla “clientela”.
Lo diciamo papale, papale. Senza peli sulla lingua. I cittadini prendano le distanze da quegli amministratori che non riescono a immaginare la loro azione di governo proiettata in là negli anni, che non sanno (o non vogliono) immaginare, egoisticamente, un futuro migliore, che campano alla giornata solo perché oberati dai problemi e che non tendono al bene comune. E prendano le distanze da tutti quei prezzolati che si esprimono – guarda caso sempre contro la fusione – solo perché conviene a chi comanda, timoroso di non potersela giocare in campo aperto.
Ecco, la fusione, tra i benefici, non potrà fare altro che elevare i toni, i modi, la qualità della politica nostrana. Spazzerà via tutta quella pletora di politicanti che negli ultimi 20 o 30 anni hanno riscaldato gli scranni dell’uno o dell’altro consiglio comunale, incapaci di pronunciare una, che sia una parola in due, tre, quattro mandati elettorali e la sostituirà con la nuova, più capace e giovane, classe dirigente.
Per essere eletti nel consiglio comunale unico, a partire dal primo sindaco, per finire all’ultimo dei consiglieri, ci vorranno le “palle”. Al candidato tipo non basterà aver “accontentato” tutti per vincere le elezioni, ma dovrà dimostrare che dietro c’è una testa pensante, capace di conquistare consensi grazie a qualità umane, valoriali, intellettive, unanimemente riconosciute.
Ecco perché a certa politica la fusione fa paura. Ecco perché, cari concittadini, sentiremo quella certa politica opporsi, arrampicandosi sugli specchi, argomentando con le motivazioni più assurde.
In questi mesi, ad esempio, qualche politicante sosteneva il no alla fusione chiedendosi che dialetto avremmo poi dovuto parlare oppure temendo la “soppressione” dell’una o dell’altra festa patronale. Roba da matti.
I più arditi parleranno di studio di fattibilità, ammesso che serva dopo secoli di storia fianco a fianco, di famiglie “fuse” da centinaia d’anni, scambio di lavoratori, di vita notturna, di amicizie. Giusto magari. Ma che lo si commissioni, lo studio di fattibilità, a seguito del referendum che, va ricordato, è consultivo. Servirà, dunque, per fornire alle amministrazioni solo ed esclusivamente la volontà politica, il sostegno delle popolazioni al processo di fusione.
E poi vale la pena ricordarlo: oggi Corigliano e Rossano contano 2 sindaci, 48 consiglieri comunali (24 ciascuno) ed un massimo di 14 assessori (7 a comune). La fusione, poiché sarà amministrativa, taglierà di netto il 50% della politica, del codazzo e dei suoi costi. Cosa cambierà per i coriglianesi ed i rossanesi, amministrativamente parlando? Nulla se non un risparmio della spesa pubblica ed il miglioramento della qualità della vita attraverso l’erogazione di migliori servizi. Cosa cambierà andiamo a chiederlo ai lametini: Nicastro, Sant’Eufemia e Sambiase fusi a freddo nel 1968 per volere di un politico lungimirante, grazie ai 70 mila abitanti vantano servizi che questa terra, oggi, può solo sognare, perché i ragionieri dello stato, quando tagliano, pensano con la calcolatrice in mano. Ed i nostri 80 mila abitanti, certamente peseranno perché ci proietteranno ad essere la terza città della Calabria per importanza dopo Reggio e Catanzaro, la 66a in Italia, la 15a per estensione territoriale.
La storia, insomma, a breve si ergerà a giudice. Come noi oggi ci ricordiamo – e ce ne ricorderemo per sempre – di chi ha fatto e sta facendo marcire questo territorio boicottando quella che poteva essere la provincia di Corigliano-Rossano (insieme a Vibo e Crotone) tra la metà e la fine degli anni ’90, per becere questioni di campanile e di invidie, domani si ricorderanno di chi ha staccato la spina per non aver assunto alcuna posizione.
I cittadini, quindi, prendano le distanze da chi, accampando le scuse più disparate, tenterà di convincerci che la fusione sarà una “rovina”. Oggi, tutti noi, abbiamo finalmente l’opportunità di cambiare la storia in una cabina elettorale, nonostante le influenze “cosenzacentriche”. Bando alle ciance, ai piagnistei di chi non vuole giocarsi, di chi non lo sa fare: se vogliamo bene ai nostri figli ed alla nostra progenie, se vogliamo solo tentare la via di un futuro migliore per le generazioni a venire, non resta che votare sì.
Chiedo e vi chiedo: l’ultima salita sull’ultimo treno dello sviluppo, anche in termini europei, può essere sacrificata sull’altare del pregiudizio storico, delle antipatie, dei pennacchi?
E siccome da sempre l’unione fa la forza, non resta che citare Paolo Borsellino: diceva che «il cambiamento si fa dentro la cabina elettorale con la matita in mano».
Il 22 ottobre saremo artefici del nostro destino.