“Eccomi là. Cioè Alex e i miei tre drughi. Cioè Pete, Georgie e Dim. Eravamo seduti nel Korova milkbar arrovellandoci il gulliver per sapere cosa fare della serata. Il Korova milkbar vende ” latte+ “, cioè diciamo latte rinforzato con qualche droguccia mescalina, che è quel che stavamo bevendo. È roba che ti fa robusto e disposto all’esercizio dell’amata ultraviolenza”.
Stanley Kubrick con Arancia Meccanica ha segnato il futuro, anticipando una contemporaneità in cui la violenza va a pari passo con il progresso. Esistono dei tabù, delle trincee di paura, di fobie di parlare e confidarsi all’interno delle mura domestiche. Sono spazi sottili e angusti, sono celle eterne.
Si parla di bullismo.
A Rossano c’è, c’è sempre stato e sempre ci sarà. È una sottocultura machista che risiede in ogni angolo del globo e in alcune aree si lega con identità deviate, con slang comuni, con miti sballati. Lo spazio del bullismo è la scuola: si infiltra dalle materne e scocca fino all’ultima ora delle superiori.
Chi scrive lo fa per i bulli e bullizzati. Perché li ha conosciuti entrambi e in molti sono finiti depressi, umiliati, ultimi, dimenticati. Sono vittime senza saperlo e le loro famiglie ne soffrono le conseguenze.
Ed ecco che l’amata ultraviolenza ha il suo palco preferito nelle classi, tra i banchi, nei corridoi e nei bagni. Qui succede di tutto. Senza allarmismi, ma semplicemente è cosi. Legge del più forte oppure onnipotenza tascabile, scegliete voi. Capelli tagliati, percosse, sputi, climi torridi di terrore, gite scolastiche trasformate, in alcuni casi, in supplizi silenziosi e infiniti.
Ognuno di noi ha assistito ad un numero sconfinato di atti di bullismo. La sensibilità è una zavorra da trasportare, i chili in più anche se sei il più palestrato della spiaggia a 30 anni pesano. Tanto. C’è chi li ha subiti e chi la perpetuati, ma si è sempre girata la testa dell’altra parte. Li rimuoviamo certi ricordi. Fanno schifo. È una scomoda quanto reale normalità.
Ma alla vecchia maniera il bullismo si è trasformato, ed ha unito un prefisso: cyber. Il Cyberbullismo è la svolta totale e assoluta della violenza. Un pugno lascia il livido, la saliva di uno sputo si asciuga, lo scherzo in bagno si pone nel dimenticatoio, ma l’umiliazione di vedere la propria privacy spiattellata no. Il cellulare dell’adolescente è alle volte un compendio di violenza, volgarità e sopraffazione.
Tra i gli adolescenti esistono catene di scommesse che vanno dal primo rapporto sessuale, alla prima sbronza, all’atto di coraggio. Nei loro smartphone ci sono nudità di compagne di classe che non esistono manco nei portali della pornografia gratis. I figli vivono vite parallele senza che nessuno in famiglia sospetti di nulla. Nessun controllo e nessuna forma di potere può scalfire la sua super potenza.
Una generazione è letteralmente bruciata dal bromazepam di chi era bullizzato e dalle droghe di chi era bullo. Sono i trentenni di oggi. Sono buchi di ozono che camminano. Amici non ci sono più, non perché sette piedi sotto terra, ma perché sono automi che esplodono ai bordi delle strade.
L’istituzione scolastica può far ben poco, i professori sono degli apostoli laici che combattono contro mulini a vento: riforme incocludenti, programmi ministeriali immondi e con genitori sempre meno genitori e sempre più comparse prestate all’avvocatura dei propri figli. Mio figlio è il più bello, il più intelligente e il più educato.
Cari genitori amate i vostri figli. Amarli significa anche fare capire loro quando non valgono nulla in qualcosa, punirli se pensano di sapere ma in realtà non sanno davvero nulla. Amarli con il tempo e non con la qualità. Abituateli al cinema e non alla tv. Abituateli alla sensibilità e non ai tg che passano omicidi e stupri. Se guardano tv commerciale spegnete quello che era il cubo catodico. Abituateli alla bellezza, ai libri. Fate leggere loro il Piccolo Principe e Storia di una gabbianella e un gatto che gli insegnò a volare.
Dategli amore e tempo e non protezione e qualità. I bambini di oggi non ricevono né amore e né tempo, hanno solo tutto: iphone, tablet, Play Station e ipad. È uno sdebitarsi che innalza barriere.
L’essere umano ha bisogno di amore, in caso contrario diventerà o un bullo e un bullizzato. Ognuno di noi ha un daimon, un demone, che è sempre buono e aspetta di spiccare il volo verso l’eudaimonia, l’autentica felicità. Caso contrario depresso o depresso. Finito o finito. Ansiolitici o drogucce mescaline.
A tal proposito, siamo disponibili ad accogliere ogni tipo di esperienza e di denuncia (in forma assolutamente anonima) al fine di sensibilizzare l’opinione pubblica sul dramma del bullismo adolescenziale.
Josef Platarota