L’ultimo rapporto Svimez sullo stato dell’economia del sud non è per nulla confortante. Dopo una timida ripresa dei principali indici degli ultimi tre anni oggi la nostra economia meridionale, secondo gli studiosi dello Svimez, registra una brusca frenata con un tendenziale di crescita che potrebbe dimezzarsi, passando dal 1,4% del 2017 allo 0,7% nel 2019.
Tutto questo è riconducibile, sempre a parere dello Svimez, all’inesorabile calo degli investimenti del settore pubblico indotto dai pesanti tagli imposti dalle misure restrittive di bilancio arrivati a 4,5 miliardi annui in meno rispetto al 2010. Preoccupano in specie i dati del lavoro: raddoppiato il numero di famiglie con tutti i componenti in cerca di occupazione (passati da 362 mila a 600 mila) e senza alcun occupato, cresciute nel 2016 e nel 2017 del 2% all’anno. Tutto ciò accade mentre l’informazione asservita al sistema di potere politico- economico ci rifila la fake new della crescita dell’occupazione complessiva che in realtà è riconducibile all’aumento dei “working poor” vale a dire il lavoro a bassa retribuzione, la dequalificazione delle occupazioni e l’esplosione del part time involontario. Il saldo negativo di 310 mila occupati tra il 2008 e il 2017 al Sud, si legge poi, è la sintesi di una riduzione di oltre mezzo milione di giovani tra i 15 e i 34 anni (-578 mila), di una contrazione di occupati nella fascia 35-54 anni (-212 mila) e di una crescita quasi esclusivamente tra gli ultra 55enni (+470 mila). Non sorprende, quindi, che negli ultimi 16 anni abbiano lasciato il Sud 1 milione e 883 mila residenti, la metà tra i 15 e i 34 anni, quasi un quinto laureati. Il 16% si è trasferito all’estero, spiega Svimez. Quasi 800 mila non sono tornati.
La conclusione del documento è che nel 2019, la variazione congiunturale del Pil meridionale (tradotto la produttività) sarà pari alla metà di quella registrata nel 2017, ma solo “in un contesto di neutralità della policy” il che tradotto vuol dire che tale dato, assolutamente negativo, potrebbe addirittura peggiorare ulteriormente permanendo il desolante quadro stagnante nel quale da anni si imbatte specie la nostra regione che nel descritto problematico contesto meridionale è certo tra le più vulnerabili.
Che fare dunque? Intanto limitare i danni avviando da subito politiche espansive di attuazione dei programmi di spesa e degli investimenti per i quali sussiste effettiva copertura tra cui la costruzione dei nuovi ospedali (della sibaritide in primis), l’edilizia scolastica, le infrastrutture di pronta realizzazione. Con tali risorse si fornirebbe ossigeno ad un sistema imprenditoriale con riflessi sul l’occupazione. A siffatta opera di messa in relativa sicurezza del sistema occorrerà che i finora silenti Decisori, vale a dire coloro che guidano su nostro mandato le Istituzioni, sappiano farsi valere nella contrattazione presso i tavoli romani affinché il sud e la Calabria possano dotarsi, finalmente, delle risorse necessarie per garantire anche a noi cittadini di queste latitudini i livelli essenziali delle prestazioni (LEP) secondo i principi ispiratori del federalismo solidale solennemente proclamati nella nostra Costituzione. Mi rendo perfettamente conto che tra il dire e il fare c’è di mezzo ……l’uomo, vale a dire la variabile con la quale occorre fare i conti se non vogliamo correre il rischio di accontentarci di sterili ricostruzioni teoriche di sociologia e di scienza della politica. La storia e la cronaca specie degli ultimi mesi (con indagini a tutto campo sul diffuso malaffare che alberga nel settore pubblico) attestano,purtroppo, che in Calabria e nel Paese la qualità degli uomini che guidano la cosa pubblica è, salvo qualche rarissima eccezione, oltre che decisamente scadente con un tasso di moralità ancora più basso il che è tutto dire. Checche’se ne dica, non si intravede, almeno fino ad oggi, all’orizzonte il benché minimo segnale di inversione di tendenza nonostante incombano importanti appuntamenti elettorali per il nostro territorio, la Calabria e l’Europa, l’altra grande incognita. Usque tandem abutere patientia nostra?
Natale Graziano