“Eccallà”. E’ il suo momento, l’eterno ritorno.
Cosa importa se, secondo l’ultimo rapporto Censis, viviamo come sonnambuli e preda di scosse emozionali, se ripieghiamo su quelli che vengono definiti ‘desideri minori’, non più con lo sguardo al futuro ma all’affannosa ricerca di ‘pezzi’ di benessere e piaceri quotidiani.

A chi può interessare se non nascono più bebè e se il mondo brucia tra guerre e violenze, quello che turba i nostri sogni è risolvere il ricorrente dilemma se ci sono o non ci sono più i Natali di una volta, se è meglio l’albero o il presepe (sperando che qualche musulmano non ci faccia causa), se andare a Messa a mezzanotte (mezzanotte?) come un tradizionale e opportunista “natalino” o continuare ad abbuffarsi di frutta secca e torroncini. E visto che ci siamo: è meglio il pandoro o il panettone?
Questi sono i veri quesiti che ci tormentano rendendoci pensierosi. Ci si divide come ultràs in curva sud tra i sostenitori della festa consumistica e quelli che le danno un senso religioso, tra poveri che imitano i ricchi, e ricchi che fanno finta (diamine,è pur sempre Natale…meglio non ostentare ) di essere poveri.
In realtà Il Natale, non è mai stato in discussione.
Solo negli ultimi 9-10 anni alcuni iniziano a considerarlo quasi una festa da supremazia culturale ed allora, per non urtare le suscettibilità di altre culture e religioni, si tende a trasformarlo in una “festa delle feste”, la festa della globalizzazione, il periodo preferito delle multinazionali e delle industrie, che sfornano ogni giorno miliardi di prodotti destinati al pubblico mondiale.
Il dies natalis Solis invicti invece di essere il compleanno di Gesù, come crediamo noi seguaci del Cristo, diventa l’apoteosi del consumismo (e dire che l’etimologia vira su tutt’altro significato tipo cerimonia attraverso cui si divinizzavano imperatori ed eroi).
Il consumismo sta, dunque, oltrepassato la tradizione e il sentimento? Se siamo su questa strada, allora dovremmo ricordare che il Natale è principalmente un momento di unione familiare, amore e anche di cristianità. Purtroppo ormai anche questo passa in secondo piano per dar spazio al festeggiamento dell’economia, che per tutto il resto dell’anno sembrerebbe sepolta.
Non sono pochi i giovani che non sanno nemmeno perché si festeggi il Natale o che cosa significhi andare in chiesa, per tanti il 25 dicembre è il giorno dell’arrivo dei regali e del pranzo in famiglia. Il ricordo quest’aria di religiosità, anche nelle persone, nelle parole, nei discorsi con una sacralità, è lentamente scivolata nell’immaginario tecnologico e da lì non è più riuscita, almeno sino ad ora, a risalire.
Un antico documento, il Cronografo dell’anno 354, attesta l’esistenza a Roma di questa festa al 25 dicembre, che corrisponde alla celebrazione pagana del solstizio d’inverno, “Natalis Solis Invicti”, cioè la nascita del nuovo sole che, dopo la notte più lunga dell’anno, riprendeva nuovo vigore. Celebrando in questo giorno la nascita di colui che è il Sole vero, la luce del mondo, che sorge dalla notte del paganesimo, si è voluto dare un significato del tutto nuovo.
Il Natale è vissuto, nel sentimento popolare, come la festa più importante e attesa dell’anno. In realtà, dal punto di vista strettamente liturgico, l’evento più importante per il cristiano è la Pasqua, in quanto il Cristo Risorto, ovvero un uomo che risorge in carne ed ossa, è ciò che rende unico e straordinario il messaggio evangelico. il Natale è “la grande festa della nostra fede”, la festa dei semplici e degli umili di cuore, che sanno inginocchiarsi davanti al Presepio e pregare il Figlio di Dio che s’è fatto uomo per salvarci, allora, non va considerato come il ricordo di una data di nascita ma come una vera e propria celebrazione di un evento che, a compimento del percorso, porterà alla Salvezza dell’uomo
Il Natale ci ricorda le nostre origini ed in quanto festa comunitaria, anche il nostro comune destino. Per questo perdere il Natale (ed il suo significato religioso) anche da atei, vorrebbe dire perdere un po’ di noi stessi e della nostra cultura che è l’unico collante della società europea. Mai come oggi la sopravvivenza dei popoli europei è legata allo spirito del Natale.

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