Piccoli “padrepio” crescono. Basta fare un giretto in rete e si entra in un’atmosfera di buonismo mieloso, tendente al mistico. Un “paceebene” non viene negato a nessuno

a ricordo di quanto il buon Padre Mariano da Torino (1906-1972) oggi Servo di Dio, il frate più popolare d’Italia, predicava negli anni Sessanta .
Alzati, vai ad affrontare la vita reale; Gesù ti vuole bene, tu per lui sei speciale; non abbatterti sii te stesso, chi ti critica è invidioso, è cattivo, ricorda: la cosa più importante al mondo è credere in se stesso e non solo.
Al netto di guru e santoni che ti spiegano come fare a vivere meglio, che la vita è bella, che non bisogna cedere al pessimismo e che ognuno di noi ha una relazione speciale con Gesù, dei mistici che ti raccontano come preparare il tuo corpo astrale all’aldilà, come parlare con i defunti, come vivere in armonia con le solite vibrazioni che permeano tutto il cosmo, il botto, udite udite, arriva quando ti forniscono il kit per diventare santi ( dal greco “hágioi” che si traduce con: “separato, prenotato appartato” può essere riferito a un oggetto o a una persona).
Già, sono gli stessi padrepio in miniatrura che si autocandidano alla canonizzazione e che con sguardo dolce e angelico propongono a testimonianza i loro futuri colleghi di santi adolescenti, o bambini, addirittura in età prescolare come S.Domenico Savio morto a quattordici anni o ancora meglio Beato Carlo Acutis più vicino alla generazione Z in quanto giovane e fervente cattolico, con la passione, oltre che dell’Eucarestia anche dei computers, spentosi prematuramente a quindici anni a causa di una leucemia
Certo il momento storico porge il fianco alla mercificazione della spiritualità. I venditori di salvezza e soluzioni facili si moltiplicano, alimentano credenze e dipendenze. L’illuminazione dell’anima è diventata un prodotto.
Guerra, crisi, pandemia, la minaccia della fine del mondo. Non ci resta che piangere: “Ricordati che devi morire”; “Sì, sì, mo’ me lo segno”.
Eppure chi ha frequentato qualche lezione di catechismo sa benissimo che il Santo per eccellenza è solo Dio, in quanto Signore della gloria e giudice universale degli uomini (Is 1,4). E’anche vero che Dio non trattiene per se stesso questa santità, al contrario, vuole che anche gli uomini ne siano partecipi. Non per niente lo stesso Signore ci rivolge l’esortazione: “Siate santi, perché io il Signore vostro Dio sono Santo” Lv 19, 2; Gesù ribadisce lo stesso invito, affermando: “Siate perfetti come perfetto è il Padre vostro che è nei cieli”
La santità è, infatti, la vocazione universale di tutti i battezzati e chiunque si definisca cristiano è votato ad essere santo. Il Documento ecclesiale Lumen Gentium sottolinea con forza questo assunto
Allora tutto bene? Magari!
La storia insegna che quando questi pseudo vocati vengono seguiti, la situazione delle persone anziché migliorare peggiora, spesso l’angelico si rivela un ipocrita.
Gesù usa spesso questa parola (dal greco hypokritḗs-attore)-
L’ipocrita è quindi colui che simula, come fa un attore, i valori che in realtà non condivide e non vive. L’ipocrita “predica il bene e razzola male”, usando un altro proverbio che dice la stessa cosa.
In realtà un po’ ipocriti lo siamo tutti. Nel significato letterale greco del termine, cioè attori per qualche giorno, o per una sera o una festa. È divertente, forse anche liberatorio far finta di essere qualcun altro, provare ad essere totalmente diversi da quello che si è nella vita reale.
Ma sappiamo che è un gioco e che dura poco, tante maschere e pochi volti come scriveva Pirandello.
Gesù non ama le maschere, non vuole che l’uomo diventi un “attore” nella bontà, nell’amore, nella ricerca del bene. Non ama le recite e i mascheramenti, ma ama che l’uomo sia vero nella sua vita di fede e nella vita di amore. Lui per primo non è stato Dio che si è mascherato da uomo, ma si è fatto vero uomo rimanendo vero Dio, e mostrando come Dio si mostra vero nell’uomo Gesù, non si è nascosto e non ha fatto finta di amare, ma è arrivato a perdere tutto pur di mostrare la verità dell’amore di Dio in lui. Il Signore vuole che anche noi scopriamo questa vita divina che Dio ci comunica e che non dobbiamo nascondere e tanto meno negare.
Ci invita ad essere veri, a toglierci le maschere e a scoprire le nostre comuni fragilità, cecità e sofferenze. Ma allo stesso tempo ci invita a guardarci dentro e scoprire che abbiamo la sua forza di amore che ci può rendere grandi e capaci di frutti buoni. Non mettiamoci dunque maschere che ci rendono falsi e non gettiamo maschere di pregiudizio anche sul prossimo, ma come discepoli perenni di Gesù, sempre alla scuola del suo Vangelo, impariamo a essere veri e capaci di amare, nonostante tutto.

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