Mi scuso prioritariamente per la lunghezza, pur con tutta la sintesi possibile, l’argomento merita un poco di sacrificio anche da parte dei lettori, per essere approfondito.
Premesso che:
A) Questo intervento tenta di dare voce al un punto di vista di chi guarda la problematica della fusione con occhi disincantati e per sgombrare il campo dalle buone intenzioni delle quali tutti sappiamo bene “essere lastricate le strade dell’inferno”.
B) Non ci sto, per questo mio punto di vista, ad essere etichettato tra quelli che non vogliono il bene e lo sviluppo di questo territorio, anzi è vero perfettamente il contrario essendo animato almeno dallo stesso anelito di coloro che si battono e credono in buona fede negli esiti prodigiosi, direi quasi taumaturgici della fusione.
Per tutti i soggetti impegnati, oltre che per la loro battaglia, che sottolineo, quando condotta in buona fede, nutro il massimo rispetto.
Ma andiamo ai fatti e cerchiamo di prendere il toro per le corna sviscerando il problema sotto i punti di vista più qualificanti che andremo singolarmente ad analizzare:
1) profilo normativo
La fusione di più comuni, è un meccanismo che non nasce ora ma addirittura previsto dalla Costituzione che nello spirito originale della legge, dava la possibilità alle popolazioni che lo desiderassero, di condividere e di espandere il proprio ambito territoriale con popolazioni limitrofe, per ragioni più disparate.
La prima, ad esempio fu Formia (LT) che nasce nel 1862 dalla fusione di tre Comuni per ricostituire quella che storicamente era l’antica Formiae città di epoca romana poi dispersa.
La normativa che invece interessa qui a noi è quella, più recente, che nasce dalla necessità di ridurre la spesa Pubblica, che scaturisce dall’intervento realizzato con il decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, con il quale sono stati previsti ulteriori incentivi finanziari, rispetto a quelli finallora erogati, per le fusioni di comuni realizzate negli anni 2012 e successivi, e lo spirito in questo caso nasce dai “risparmi teorici derivanti da un’ipotesi di accorpamento dei comuni di minore dimensione demografica”, come recita un recente studio del Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali Direzione Centrale della Finanza Locale titolato: FUSIONI: Quali vantaggi?
2) profilo finanziario
Si evidenzia, quindi, che la fusione è conveniente per i comuni compresi dalla prima alla sesta fascia (comuni da 500 a 9.999 abitanti) diretta conseguenza dei problemi di ottimale dimensionamento dei comuni per la gestione delle risorse. Per i piccoli comuni si registrano, infatti, diseconomie di scala che rendono maggiormente onerosa la gestione dei servizi.
Con Comuni di fascia superiore alla sesta, Corigliano e Rossano fanno parte della ottava fascia ( da 20.000 a 59.999 abitanti), i vantaggi della fusione con relativo passaggio alla nona fascia ( da 60.000 a 99.999 abitanti) non sono più evidenti, anzi la curva di rendimento addirittura si inverte, infatti la spesa comunale al netto delle spese per personale e rimborsi di prestiti passerebbe da una spesa pro capite per cittadino da 826 € a 1.254 € ! ( Fonte: Dati Ministero dell’interno)
Quindi un’operazione non più rispondente allo spirito della legge proponente della minor spesa pubblica.
In buona sostanza: vorrà dire qualcosa se in tutt’Italia nel 2016 sono stati istituiti in tutto 15 comuni derivanti da fusioni da un totale di 68 comuni, e tra tutti questi il comune nato da una fusione di dimensione maggiore è Alto Reno Terme (BO) che ha raggiunto ad operazione conclusa 6.967 abitanti.
Altre 5 fusioni si stanno perfezionando sempre delle stesse dimensioni demografiche tranne Pescara Nuova che, come dice lo stesso nome è piuttosto che di una fusione si tratta di un “accorpamento”, alla Città di Pescara che passa da 117.000 a 186.000.
( dati “tuttitalia.it”- Guida ai Comuni, alle Province ed alle Regioni d’Italia).
3) profilo Urbanistico di genesi urbana.
I nuclei di insediamento umano che da piccoli villaggi, si evolvono in paesi e poi via via diventando sempre più popolosi in città, sono essi stessi organismi viventi che colonizzano il territorio sviluppandosi perché nutriti da un alimento per loro insostituibile che si chiama “economia locale”, sulla quale, stabilizzandosi, successivamente si sedimenta il potere.
Il potere a sua volta può impiantarne ex novo, di città, per proteggere sia sé stesso e l’economia che lo sostiene, è il caso dei presidi militari (accampamenti e successivamente castelli e rocche).
Tutto questo naturalmente, in vera estrema sintesi, non vuole essere un capitolo di storia dell’urbanistica di Benevolo o di Zevi, ma individua nello sviluppo dell’antropizzazione del territorio la regola ineludibile che al venir meno dell’economia, le città si contraggono fino a ritornare ad essere dei paesi sempre più piccoli sino e ritornare villaggi o addirittura sparire del tutto.
Non ci sono altre dinamiche che possono essere innescate per salvare una città in declino, nemmeno il capitale finanziario può salvarla se il suo sviluppo non è più supportato dall’economia, anzi il capitale finanziario fallisce miseramente se non viene investito in territori economicamente attivi.
È quindi una pia illusione, credere di poter invertire questa tendenza che definirei genetica, con iniezioni di risorse ancorchè pubbliche se non hanno alla base lo sviluppo di una robusta economia locale ad esito di una seria ed incisiva pianificazione .
4) profilo dell’analisi dei presupposti politico amministrativi.
I nostri territori ( Corigliano e Rossano) ad una valutazione oggettiva, hanno dato prova storicamente di essere capaci di forme evolutive in senso collettivo, cooperativo, associativo?
La domanda è purtroppo retorica, ed è perfettamente inutile portare esempio del misero fallimento su questo fronte, perché sembrerebbe voler girare il coltello nella piaga, o come si usa dire, sparare sulla crocerossa.
L’influenza esercitata reciprocamente dei due centri cosa ha prodotto ad oggi sul territorio comune?
Non data! non esiste alcuna iniziativa, fabbrica, struttura, attività rimarchevole a cavallo del “ fiume Lucino” e non solo ( stendiamo un velo sullo storico fallimento del centro sportivo intercomunale di Insiti, ovvero sul famoso all’ospedale unico … ).
Tutto negativo? no, non è così, perchè in effetti alcuni passi importanti negli ultimi tempi in questa direzione sono stati fatti e si chiamano :
· Area Urbana Corigliano-Rossano
· PSA
Area urbana, mi piace preliminarmente qui riportarne una delle definizioni definizione tecnica a mio avviso abbastanza esaustiva, per sottolinearne l’essenza e l’importanza:
L’ «area urbana» è di norma costituita da un territorio più ampio ( di quello delle città), la cui densità insediativa permane piuttosto elevata, ma che può presentare soluzioni di continuità della edificazione, e al cui interno sono localizzate, in modo commisto o comunque a breve distanza reciproca, residenze, attività industriali, manifatturiere in particolare, commerciali e di servizio in un sistema fortemente integrato di produzione, di distribuzione e di consumo. L’«area urbana» rappresenta dunque l’estensione produttiva e residenziale della «città» nei territori a essa limitrofi. Le città intorno alle quali si è andata formando un’area urbana, essenzialmente nel corso del secondo «ciclo» di urbanizzazione, sono usualmente indicate come «città centrali» .
Leggendo attentamente questa definizione, si capisce quale forzatura ha fatto la Regione Calabria nel momento in cui ha approvato la legge di istituzione delle sue sei aree urbane, tra le quali ha inseriro quella Corigliano-Rossano.
Infatti sono praticamente assenti tutti i presupposti che ne dovrebbero determinare l’istituzione.
Ma cosa fatta… quindi questo strumento esiste ed è operativo, dopo tanti anni dalla sua istituzione tuttavia è lì ancora “impacchettato” perfettamente inutilizzato!
Nella definizione l’area urbana è specificata anche come l’estensione delle «città centrali» ovvero creare i presupposti per una “conurbazione” di fatto, una città “policentrica”, molto allettante sotto il profilo della pianificazione urbana e del superamento dei vuoti e degli svantaggi che oggi siamo costretti a registrare.
In sostanza si tratta di uno strumento operativo per dare univocità di obiettivi ai due Centri nella pianificazione territoriale, previsione finanziaria, organicità di progettazione e proposta di infrastrutture e servizi, senza creare doppioni, razionalizzando la spesa, ma sopratutto predisporre logisticamente e culturalmente le popolazioni residenti a servirsi di strutture comuni, creando le basi per quella osmosi di interessi e relazioni perfino interpersonali che sono la base di un tessuto urbano organico, questo sì, utile a gettare le basi di un “unico soggetto politico amministrativo”.
Il P.S.A. un’altra grande ed importante occasione mancata!
A tutt’oggi ancora un perfetto sconosciuto, un convitato di pietra che sta lì come un Totem, un oracolo minaccioso ed estraneo del nostro futuro.
Quale occasione migliore si poteva pensare per le due città se non quella di poter prevedere un unico strumento di previsione e di pianificazione urbana?
Quale grande opportunità abbiamo gettato al vento, avremmo potuto e dovuto fare a gara per proporre, progettare, immaginare attraverso uno strumento che diventa legge di governo urbanistica, un unico territorio per un unico progetto di sviluppo dei due Comuni, esaltandone le diversità culturali e storiche e smussandone le spigolosità caratteriali e con pazienza ed abilità creare la connessioni per mettere in campo un “mosaico” di tutte le nostre risorse materiali ed immateriali per disegnare, noi, insieme il domani per le giovani generazioni.
Tutto questo ad oggi sembra perduto, si è prodotto, forse è più corretto dire si sta producendo, ( in quanto ancora in fieri) uno strumento standard ed anonimo, probabilmente rispondente a norma ma di maniera, che proporrà meccanismi ed aridi parametri, utilizzabili per qualsiasi territorio che ogni Comune partecipante al P.S.A.ha utilizzato per i suoi piccoli interessi di parte ignorando completamente la nostra realtà collettiva, e sulla sulla quale si stenderà come un manto incolore portatore di anonimi interessi, un solo esempio per tutti, che spiega che livello di conoscenza propone del nostro territorio: il P.S.A. non è andato ad analizzare la consistenza reale e puntuale rappresentata dall’edificazione abusiva, una delle peggiori piaghe urbanistiche di cui soffrono i nostri territori!.
Ho tentato di tracciare con spirito obiettivo i presupposti sui quali oggi si svolge il dibattito “conurbazione si – conurbazione no”, e che mi portano senza indugi ad affermare che si tratta assolutamente di un falso problema, che ingenera false aspettative e che non va nella direzione della soluzione dei reali problemi delle nostre genti e delle nostre città.
La mia proposta è che la politica che propone la fusione, perché di politica si tratta non illudiamoci, e chi non lo riconosce è davvero in malafede, senza con questo voler addurre un dato negativo alla politica che quando è fatta nell’interesse della collettività è cosa bellissima, positiva e meritevole, si batta in questa fase per riappropriarsi degli strumenti che ho tentato di illustrare e che sono lì inutilizzati o peggio ancora storpiati e contrabbandati come perfetti.
Attiviamoci per salvare il salvabile, gettiamo le basi, costruiamola nei fatti la fusione tra Rossano e Corigliano, nelle relazioni e negli interessi dei cittadini facendola diventare realmente una risorsa per le sue caratteristiche entrinseche e non perché superficialmente si pensi che assommando numeri più grandi si possano ottenere risorse maggiori o peggio avere maggiori potenzialità nei confronti di rivali territoriali, non si ottiene nulla se ci si impegna “contro”, si deve lavorare “pro”, per “creare”, per costruire una nuova identità territoriale e sicuramente poi come conseguenza ineludibile otterremo tutte le fusioni che vorremo, non ultima quella della classe culturale e politica, altrimenti destinata a non avere nessun futuro.
P.S. zero più zero, fa zero!
Mario Gallina, Architetto ex amministratore