Si possono fare convegni, vedere film, leggere libri sul bullismo, molte volte però sono proprio le persone che organizzano o che vi partecipano a non accorgersi o a non volersi accorgere di quanto succede quotidianamente e alcune volte di essere addirittura gli aggressori. Costoro pensano che maneggiare coltelli e puntarli alla gola di qualche povera ragazza presa di mira, possa essere solo un gioco per accrescere la loro autostima;
succede per le strade e addirittura delle scuole, ove di tali fatti nessuno ne parla per evitare che ne trapeli la notizia all’esterno e il buon nome della scuola ne venga infangato o perché si temono le denunce dei familiari delle vittime.
La premessa di cui sopra, per portare a conoscenza dell’opinione pubblica e dei responsabili dell’istituzione, che in un istituto di scuola secondaria superiore della città di Rossano (cs) è successo che una studentessa di 15 anni, è stata vittima di bullismo ad opera di altra studentessa diciassettenne, già bocciata un anno, che, con le sue amiche di “clan”è arrivata a puntare un coltello alla gola della quindicenne per non aver fatto copiare i compiti da lei svolti alla sorella ed alle amiche della bulla.
La madre della vittima, esasperata, dopo aver appreso la notizia dalla figlia, si è recata presso la dirigenza scolastica a raccontato l’accaduto ed a chiedere aiuto e protezione. Sperava nell’organizzazione della scuola e nella sensibilità oltre che nell’obbligo morale della dirigenza, tuttavia la figlia è stata nuovamente bersagliata alcuni giorni dopo da altre coetanee all’interno della scuola e fatta oggetto di calci e schiaffi.
Tra i docenti che erano a conoscenza di questi episodi, si è aperto un dibattito tra chi, sin da subito, ha ritenuto l’accaduto come un fatto grave e che doveva essere denunciato e coloro che hanno liquidato l’accaduto come una serie di “ragazzate”, senza alcun bisogno di intervenire.
Una situazione intollerabile che ancora oggi continua ad andare avanti, in un clima di omertà, rotto dalla richiesta di aiuto da parte della vittima e da qualche docente, che si è subito mobilitato a frenare gli atti persecutori, parlandone con gli aggressori, che c.v.d. hanno più volte cambiato il racconto dei fatti. Dopo la minaccia di denunciare l’istituzione scolastica, da parte dei genitori della vittima, il dirigente scolastico ha deciso di avviare un’indagine mirata, convocando i genitori delle ragazze bulle. L’intervento preventivo consisterà nell’allontanare gli aggressori dalla scuola per periodi da stabilire, di aumentare il controllo all’interno della stessa e di apportare strumenti di videosorveglianza nei corridoi della scuola, infine, di avviare un seminario sul “bullismo” che vedrà coinvolti anche altri temi di forte attualità.
Cosa pensare di questo fatto realmente successo? E’ amaro per una giovane ragazza (ma anche per adulti) constatare che episodi violenti di bullismo accadono quasi quotidianamente, è anche amara la sopraggiunta e quotidiana indifferenza di chi vede e ascolta e non reagisce, non si indigna. La democrazia di un popolo e di una società non si difende stando zitti, è necessario togliersi il velo dell’omertà generalizzata e denunciare. Lo si può fare con il comportamento, lo si può fare con la denuncia verbale e scritta. L’importante è farlo.
Non è bullo solo chi alza le mani sul compagno debole, chi punta un coltello alla gola credendosi il re del mondo; bullo è anche chi nasconde l’accaduto, bulla diventa anche la istituzione pubblica quando non si attiva per portare a galla il fenomeno.