Tar: si opporrà anche la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dell’Interno
E siccome va di moda in Italia non eleggere i rappresentanti del popolo perché tanto si auto incensano, autocelebrano e soprattutto si autonominano da soli, perché dover costringere delle popolazioni a recarsi alle urne, magari con ‘sto caldo? È probabile che il 22 ottobre, in riva allo Jonio tirerà ancora calura, si potrà fare ancora il bagno alla faccia dei lumbard. Ed allora – non è da escludere che stia pensando qualche sindaco – meglio lasciar perdere, meglio non parlarne, tanto inseriamo un quorumino qui e uno la ed il gioco è fatto. Saremo sempre noi a governare, alla faccia dei rossanesi e dei coriglianesi che, comunque, una volontà politica vorrebbero esprimerla.
E fu così che dopo essersi arrampicato su tutti gli specchi possibili e immaginabili, dalle finanze perché le mie sono più belle delle tue, alle leggi da cambiare, tra un tentativo di ritiro della delibera di fusione ed un altro, il sindaco Giuseppe Geraci è pronto a far suo un nuovo mantra: “Abbiamo approvato quella delibera quando c’era un quorum al referendum consultivo, poi l’hanno tolto, ora noi vogliamo votare con quella legge”. E così si abbarbica a quella proposta di legge Franco Sergio-Orlandino Greco, guarda caso, levata dal cilindro subito dopo il decreto di Oliverio di indire il referendum consultivo per il 22 ottobre e l’umore della gente ha iniziato a propendere per il sì.
Quale miglior alleato, dunque, di un quorum al 50% per una consultazione popolare che è puramente consultiva, ovvero che fornisce alla politica un “indirizzo” ma da non seguire obbligatoriamente, perché se volesse – la politica – potrebbe farne a meno?
La settimana scorsa ci siamo permessi di suggerire dei conti semplici semplici all’Orlandino furioso (contro la fusione di Corigliano-Rossano). Abbiamo rammentato al consigliere regionale che se ci fosse stato un quorum, lui gli scranni del consiglio regionale li avrebbe visti col cannocchiale telescopico da Castrolibero a Reggio, perché alle ultime elezioni regionali i calabresi alle urne sono stati a mala pena il 44% degli aventi diritto ed Oliverio, il “suo” presidente, è stato eletto da soli 3 calabresi su 10.
Ci permettiamo di suggerire i medesimi calcoli al sindaco di Corigliano: nel 2013 è stato eletto al turno di ballottaggio con un’affluenza del il 41% dei coriglianesi aventi diritto. Di questi il 61% ha preferito Geraci. Traducendo significa che solo poco più del 20% dei suoi concittadini ha preferito il sindaco attuale, ovvero 2 coriglianesi su 10. Ma non per questo nessuno si sognerebbe di affermare che è un sindaco illegittimo.
Voler reinserire un quorum non al 30% ma, peggio, al 50% per un referendum meramente consultivo significa voler cancellare le fusioni dalla faccia della terra, ammesso che il Governo lo permetterà dopo aver predisposto questo indirizzo, categorico per i comuni sotto i 5000 abitanti.
A Geraci vorremmo rammentare che chi non partecipa non può condizionare la vita politica di un Paese, a maggior ragione se si tratta di un puro “consulto”.
Pur essendo, come accennato, un sindaco di ultraminoranza, nessuno, insomma, si sognerebbe mai di mettere in dubbio la sua liceità. Alle comunali, alle politiche, alle europee, alle regionali i quorum non esistono per un semplice principio: comunque vada bisogna affidare una guida politica. Perché inserire un “tetto” ad un semplice referendum, dunque? Semplice: perché dovessero prevalere i due sì a Corigliano e Rossano, sarà fusione, in barba a chi sta manovrando per far saltare tutto il cucuzzaro.
Per quel che ci riguarderà – la fusione di Corigliano-Rossano – il popolo è chiamato ad esprimere un parere. Che metterà con le spalle i nostri sindaci. Ed ecco perché quella voglia matta di reinserire un quorum. E se all’insistente Geraci glielo facessimo trovare alle prossime elezioni comunali quando, ancora una volta, si ricandiderà come mormorano i ben informati? È più che probabile che anche lui, come Greco, rimarrebbe a spasso.
P.s. Non esente da colpe sembra essere il suo collega Mascaro insieme a tutta l’amministrazione rossanese. Molto più orientata verso il sì (a parole) nel rispetto della volontà espressa dal consiglio comunale, il sindaco di Rossano non hanno mai organizzato uno, che sia un incontro-confronto-dibattito con la popolazione, delegando di riflesso comitati e associazioni ad uno sforzo sovrumano che non dovrebbe essere loro.
P. s. 2. Notizia dell’ultim’ora. Ricordate quel ricorso al Tar presentato per tentare di bloccare il referendum del 22 ottobre prossimo dal consigliere comunale di maggioranza (quindi fido al sindaco) Angelo Caravetta ed altri? Ebbene, si costituiranno ufficialmente ad opponendum contro tale ricorso – udite udite – la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell’Interno e la Prefettura di Cosenza tramite l’Avvocatura dello Stato, la Regione Calabria tramite l’Avvocatura regionale, il Comune di Rossano – com’è giusto che sia per dar seguito alla delibera approvata dal consiglio comunale nel 2015 – il Comitato delle 100 associazioni, diversi comitati referendari, associazioni e cittadini.
Il Comune di Corigliano, nella persona del sindaco, interpellato dal Comune di Rossano, pare, invece, che abbia risposto con un laconico “poi vediamo”.
Si opporranno tutti, insomma, tranne il comune di Corigliano. Geraci perde l’ennesima occasione.
Luca Latella