Quando lo scorso Gennaio l’attore Giancarlo Giannini è arrivato a Rossano la festa è stata grande. L’attore famoso in Italia così come all’estero ha seguito con interesse e partecipazione la presentazione di un progetto innovativo come quello del docufilm dedicato al Codex Purpureus Rossanensis. L’iniziativa è promossa dal Comune di Rossano in collaborazione con la piattaforma di crowdfunding Ulule. Dietro la macchina da presa il regista Fabio Bastianello. Voce narrante di questo suggestivo progetto l’attore Giancarlo Giannini.
La storia è quello di un viaggio. Un percorso che inizia nel 500d.C. e che prosegue ancora oggi a Rossano dove il Codex è conservato. In questo caso però non si tratta di un’opera cinematografica che impiega il territorio come spazio per le riprese, dimenticandosi spesso quello stesso territorio rappresentato in poche e inverosimili scene. Nel caso del docufilm che ha come protagonista il Codex il legame con il territorio rappresenta non solo il punto di partenza, ma lo scheletro stesso su cui l’architettura del documentario è costruita. Una narrazione di questo tipo funziona nell’era del digitale come uno strumento consapevole ed efficace per dare visibilità e valore al territorio. Le suggestioni mutuate dal racconto diventano espressione dei sentimenti e di un legame tra il pubblico e i protagonisti stessi di questo storytelling.
In una simile prospettiva risulta chiaro l’impegno di un altro regista come Alessandro Piva che sempre in Calabria ha realizzato le riprese di uno short movie sul turismo lento. L’obiettivo è quello di mettere in scena uno spazio alternativo a quello battuto dal turismo di massa. Va da sé che in una simile cornice narrativa la scelta del soggetto è fondamentale e infatti Piva focalizza l’obiettivo sul vecchio tracciato della linea ferroviaria che collegava la città di Castrovillari a quella di Leuca in Puglia. Iniziativa resa possibile dal progetto South Cultural Routes che vede Campania, Molise e Basilicata insieme a Puglia e Calabria promotrici di un’iniziativa volta a valorizzare i cammini culturali nel nostro Meridione.
Il docufilm diventa quindi uno strumento estremamente efficace per raccontare in maniera coinvolgente un territorio, ma come in ogni racconto che si rispetti non è finita qui. Sì perché le possibilità insite in questo tipo di narrazione travalicano i confini dello spazio per trasformare in protagonisti di una narrazione epica anche icone più o meno conosciute dello sport e della storia. Un esempio forse ancora più calzante ci viene in aiuto dal mondo del poker sportivo. Il docufilm dedicato alla vita e alle imprese del campione Daniel Negreanu è un ottimo esempio di questo tipo di narrazione. Si tratta di un docufilm che ha dato visibilità al giocatore di poker canadese ben oltre i confini del tavolo verde.
La narrazione cinematografica diventa quindi uno strumento per raccontare e coinvolgere il pubblico in storie parallele, una sorta di dietro le quinte che svela biografie sconosciute. Emblematico in questo senso il film biografico “Eddie the Eagle-Il coraggio della follia”. Racconto commovente ed emozionante della vita e delle imprese di Eddie Edwards atleta britannico che dopo mille sforzi è riuscito a coronare il suo sogno di partecipate alla gara olimpica di salto dal trampolino.
Storie dunque, nient’altro che storie. Ma sono proprio queste storie a costruire il motore di una nuova narrazione del territorio, delle bellezze architettoniche e paesaggistiche che ne fanno parte, così come delle persone che lo vivono. “Genti di Calabria” di Pino Bertelli è ad esempio un progetto multimediale che si muove su un doppio binario: libro fotografico e docufilm. Capace di integrare volti e posture di Calabria con testimonianze e racconti del territorio.