Succede che si nasca in una città e si cresca in un quartiere.
Succede che lì, per strada, si compiano alcuni tra i passi più significativi e decisivi della propria infanzia.
Ed è qualcosa di così determinante e importante da restare impresso per tutta la vita, ovunque essa conduca, qualsiasi siano le vie del mondo da percorrere.
In quel quartiere io ancora ci vivo e nonostante sia molto cambiato rispetto alla mia infanzia e adolescenza, ne conservo un ricordo vivo e piacevole. Ricordo la Villetta, completamente diversa da quella attuale, e tutte le volte che mi sono sbucciata le ginocchia correndo; ricordo i giochi in compagnia dei ragazzi di tutto il quartiere, maschi e femmine insieme, perché a quell’età non è importante; ricordo la spensieratezza di quei giorni e il senso di “casa”, “porto sicuro” che questo mio quartiere mi dava senza pretendere nulla in cambio, come le braccia di una grande madre che protegge tutti i suoi figli dai pericoli del mondo. Questo era per me il “Cozzo” o Viale Santo Stefano.
E non perché ci fosse la Caserma dei Carabinieri – oggi Giudice di Pace – o il Tribunale – oggi ahimè struttura abbandonata e oggetto di atti vandalici da anni ormai – o ancora la Forestale.
No, non per questo. Non soltanto e non certamente per noi bambini o adolescenti.
Lo era perché si riusciva a stare in armonia, nel reciproco rispetto.
O forse lo era ai miei occhi di bambina ingenua, felice, priva di ogni malizia o cattiveria, educata e rispettosa del bene comune.
Ecco, questo non è cambiato. Forse è l’unica cosa a non essere cambiata.
Mi fa piuttosto male dover parlare al passato mentre racconto di quanto bello e tranquillo fosse il Cozzo fino ad alcuni anni fa.
Così come mi ha ferita dover assistere alla chiusura del Tribunale e mi ferisce oggi dover identificare lo stesso quasi come un rudere: le mura ricolme di scritte, le classiche che i giovani lasciano sui muri continuamente, i marmi ormai spaccati e scagliati contro le finestre più e più volte nel corso degli anni, fino a romperle in alcuni casi lasciando pericolosissimi e affilati vetri in terra.
Succede.
Succede che si tocchi l’apice e poi ci sia una lenta ma inesorabile discesa. Succede alle persone ed evidentemente anche ai luoghi.
Succede che il rispetto lasci spazio pian piano al pettegolezzo, l’assoluta tranquillità alla circospezione e l’educazione alla maleducazione.
Succede in tutto il mondo, perciò come si poteva pretendere che non accadesse anche qui?
Anno dopo anno la situazione è andata, però, sempre peggiorando e se fino alla scorsa estate si riusciva a portare pazienza e tollerare il chiasso costante, le auto che sfrecciano in un centro abitato incuranti di possibili passanti e/o cani e gatti del quartiere, i motorini, le pallonate – non di rado ho visto i vetri di una mia finestra infrangersi all’improvviso negli anni addietro – i clacson a tutte le ore, dopo il lockdown è diventata ingestibile, insostenibile, incompatibile con il comune senso civico.
Gli schiamazzi notturni si sono moltiplicati. I giovani arrivano da ogni angolo del centro storico in gruppi consistenti dopo cena e non tutti si dileguano dopo la mezzanotte – sono tutti ben venuti se tengono un atteggiamento civile, senza rendersi vandali e se riescono a non rispondere male quando vengono ripresi per giusta causa. Abbiamo assistito all’esplosione di quello che definire un petardo è un eufemismo, sparato da uno dei suddetti gruppi sul retro di un’abitazione, che ha spaventato a morte l’intero quartiere con un boato indescrivibile. Ci siamo lamentati civilmente, invitandoli a cessare dopo una certa ora, cercando un dialogo nonostante il nervosismo dato dal mancato sonno, qualcuno è anche uscito in strada pur di farli ragionare, ma tutto ciò che abbiamo ottenuto in cambio è stata una grandissima maleducazione rasente a minaccia in diversi episodi. Abbiamo avvertito le autorità, che spesso hanno risposto “Non possiamo farci niente”. Ci siamo mobilitati e confrontati anche sui social. Abbiamo richiamato i ragazzi ancora, e ancora, e ancora, senza alcun risultato. Abbiamo raccolto delle firme perfino e girato dei video, in piena notte vista l’impossibilità di addormentarsi, che testimoniassero l’indecenza della situazione e il malcontento di molte famiglie.
È questo un quartiere residenziale e così come i giovani e giovanissimi hanno ragione di accampare il proprio diritto a uscire, specialmente in estate, alla stessa maniera gli adulti, gli anziani e i soggetti più sensibili hanno diritto di riposare e vivere tranquillamente all’interno delle proprie abitazioni.
È questo un quartiere residenziale e non si può tollerare che le automobili sfreccino ben al di sopra del limite di velocità tanto di giorno quanto in piena notte, magari con musica ad alto volume – sono giovane anche io, la musica in macchina la metto anche io e pure a me piace risparmiare del tempo, ma non per questo voglio rischiare di investire qualcuno o beccarmi gli improperi di chi giustamente ritiene il mio volume troppo alto.
È questo un quartiere residenziale e non si può tollerare che il Comune si impegni ad accomodare i giochi presenti nella Villetta per i più piccoli e che i più grandi, adolescenti in ogni caso, li distruggano – siano essi del quartiere oppure no, non fa alcuna differenza in termini di inciviltà.
È questo un quartiere residenziale e non si può tollerare che dei bambini si arrampichino ad una delle finestre più basse dell’ex Tribunale e provino ad entrare con la scusa di recuperare un pallone inesistente, o che rompano vetrate e marmi per la stessa ragione.
È questo un quartiere residenziale in cui molte famiglie sono esasperate e hanno smesso da tempo di tacere e sopportare.
Per alcuni giorni gli interventi per mano dei cittadini comuni funzionano e sedano il fenomeno, ma poi si riprende come e forse anche peggio di prima. Quasi a voler fare dispetto o a voler sfidare la pazienza altrui, consapevoli di rimanere impuniti con ogni probabilità.
Ma non è tutto.
Succede, infine, che a compiere queste azioni siano anche i ragazzi dello stesso quartiere, quelli che più di tutti dovrebbero averne cura, figli di chi questo quartiere lo ha animato prima di loro.
E succede che i genitori di questi ragazzi, anziché redarguire loro per le malefatte, vengano a strillare nelle altrui dimore, a minacciare di denuncia chi nel pieno diritto ha osato riprendere i fatti – con la fotocamera di un cellulare, in piena notte e dall’angolo di un balcone, lascio immaginare l’altissima risoluzione del video e quanto visibili davvero fossero i volti dei ragazzi (così visibili che io stessa potendoli vedere direttamente dal balcone non li ho riconosciuti nemmeno come appartenenti al quartiere) – e postarli su un social come denuncia di ciò che avviene e che non è più tollerabile.
Gli adulti. Quelli che dovrebbero dare il buon esempio e che invece si dimostrano vergognosi oltre ogni limite.
Ma ve l’immaginate voi il Carabiniere di turno che riceve questi genitori?
“Guardate! Guardate, questo è mio figlio! Sì, mio figlio minorenne ripreso e postato su un social mentre alle 03:30 di notte gioca col pallone insieme ai suoi amici e fa versacci di proposito. Ecco, io voglio denunciare la signora che ha ripreso il mio bambino!”.
Fa già ridere così, senza che sia necessario aggiungere altro.
Confesso di essere stata ingiustamente scettica quando al TG nazionale diffondevano notizie di genitori recatisi nelle scuole frequentate dai figli per mettere in atto pestaggi contro insegnanti e presidi. Confesso di non averlo creduto possibile e di aver pensato “Ma è una follia!”.
Sì, lo è. Ma adesso ci credo.
Ci credo perché l’ho visto con i miei occhi di donna che fu bambina in questo quartiere, ma che mai, mai, si permise di rispondere male ad un adulto e che mai fu difesa da un genitore tanto cieco; se mai mi fossi permessa di fare qualcosa di anche lontanamente simile a quanto sopra raccontato avrei guadagnato, giustamente e meritatamente, una bella ramanzina coi fiocchi da parte dei miei genitori. Loro, i miei genitori, non si sarebbero certamente resi attori di una tale volgare piazzata contro un’altra famiglia, dalla parte della ragione oltretutto.
Da quando essere giovani è una giustificazione alla mancata educazione?
E da quando essere adulti conferisce il diritto di fare i padroni?
La civiltà dov’è finita esattamente?
Dopo aver assistito ad una simile messa in scena ai danni di due donne – io stessa e la mia anziana e malata madre – da parte di un uomo e una donna da noi conosciuti, presentatisi fingendo di voler parlare civilmente e rivelatisi poi degli incivili privi di alcun senso del rispetto, urlatori come pochi altri, credo davvero che il mondo sia pronto per andare a rotoli, che le persone siano ufficialmente impazzite e che gli onesti soccomberanno. Oppure forse no.
Perché ho ben scolpite nella mente le parole di Paolo Borsellino.
“Chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola”.
Le minacce prive di fondamento e da parte di chi ha torto marcio non mi fanno paura, provengano esse da ragazzini oppure da adulti. Anzi, mi danno ancora più coraggio per fare la cosa giusta, l’unica cosa giusta possibile, perché poter dormire serenamente è un diritto.
E di solito ogni diritto è tutelato dalla Legge.
Ecco cosa hanno insegnato a me i miei genitori, che non ringrazierò mai abbastanza per i valori che mi hanno donato. Ed ecco perché provo pena per chi non ha la mia stessa fortuna e cresce nella convinzione che violenza, aggressività e prepotenza faranno di loro persone forti.
Azzurra Guagliardi