Sii Cassandra. È la richiesta che ti chiede di una generazione, quella che si incammina verso il crepuscolo cercando di evitarlo il più possibile. Una gioventù che è nata da una maledizione che è stupenda: più una terra è baciata dalla bellezza e più quel popolo è destinato alla rovina. È un suolo che non parla: qui ci si abitua all’insinuazione strisciante. Chi resta e porta avanti la sua attività deve fare i conti con l’invidia solo perché ha quella fame di arrivare e fare arrivare.
Si cresce nell’unione e non nella divisione, è una legge bellissima di natura. Per questo il coetaneo va supportato e non indicato solo per il fatto di creare e immaginare, di mettersi in gioco. Si ritorna per ostentare il fatto di lavorare dalle 7 di mattina fino alle 23, come se fosse un sacrificio. Non lo è: è dissipare il tempo e riempirlo con inutilità, con cose e le cose non servono mai a nulla perché non hanno uno spazio nel vocabolario. La vita è vita se ricrea vita, che non è ripetizione, ma è un minuscolo pugno che si chiude, a proteggersi, attorno ad un pollice. I neonati lo fanno, e questa generazione non ne sta creando di nuovi e non ne ha colpe.Qualsiasi essere umano si sarebbe ribellato a tutto questo ma questa gioventù non lo fa. Ribellione è etimologicamente ritorno alla bellezza, e da quando sono nati – tutti questi virgulti – non l’hanno mai incontrata. L’hanno scansata, evitata e sottovalutata. Se non si conosce la bellezza non si può neppure amare. Ormai la gioventù che pascola nelle terre che sono, tutt’ora dei Bizantini e dei Normanni, vive di solitudine tra la moltitudine. Torna con la spocchia e ripete che non si può cambiare nulla mentre a centinaia di chilometri scambia il lavoro con la lapidazione della vita, del tempo e dei sentimenti. Non giriamoci più intorno, lo abbiamo fatto e speravamo cambiasse qualcosa, ma Corigliano Rossano, prima ancora di nascere, è diventata terra sola e arida. Così non deve essere. Ma è immobile e sta morendo. Le classi 80’ sono cresciute sotto il sogno del veglione di fine anno per pagarsi il pranzo dei cento giorni, di stare accanto gomito a gomito, di immaginare il loro ingresso nella società del divertimento bello e puro. Erano ragazzi che si divertivano con poco, senza gruppi whatsapp o like sempre più vuoti. Non tornerà più nessuno perché i profeti, in patria, muoiono con un pugno di polvere in mano. Parlando a chi non ha vissuto quel vento fatto di presenza e non di assenza mascherata dentro ad uno schermo sempre più nero. Sarebbe bello sedersi gli uni accanto agli altri e descrivere, insegnare, imparare. Ma non può essere cosi. Non qui e, inevitabilmente, non ora. Ci sarebbe tanto da dire, ci sarebbero tante spade da brandire “solo per difendere il verde dei prati”. La verità più intima è che questa generazione che va dai 20 e ai 30 ha bisogno – realmente – di una poderosa rivoluzione introspettiva che sia tumulto nel suo modo di affrontare il terremoto dei minuti, del fracasso delle emozioni. Ecco questa è la società che è stata impostata, e questa è l’impotenza. Capire di essere servi è la chiave per essere liberi. Le catene cadono da sole. Col coraggio dato dalla testa alta: curare la dignità e non l’apparenza, perché quella non crolla da davanti ad uno sguardo. Corigliano Rossano ha bisogno di un’energia benedetta dal fuoco greco contro la conquista imminente. Fusione è parola bella, fondersi nella diversità è parabola di vita, crea amore, fa sgorgare esistenza. Ma come sta nascendo l’unione è un cambiare per rimanere come prima. È l’ultima chiamata e, anche la Cassandra più incallita, ne sorriderà pensando al potenziale che può detonare sul nulla che ci vuole conquistare. Eliminare i nemici, trucidandoli nello spirito che rinasce nella rivalsa, seppellendo la clientela che ha soffocato gli ultimi venti anni di libertà. Perché un elettrodomestico non vale 80.000 anime. Perché perdere la speranza non fa parte di chi ha lottato negli anfratti della solitudine immaginando la futura felicità a fianco a questo mare. È la grande paura, ma dalla sofferenza di questa generazione possono nascere le potenzialità, e dalle potenzialità il futuro. Cassandra era la figlia di Priamo, ultimo re di Troia prima della definitiva sconfitta. Dalla sua caduta Enea, figlio anch’egli di Troia e di Venere dea della bellezza- si proprio lei: la bellezza – creò le basi per Roma, per l’Occidente e per quello che ora siamo. Solo dopo aver perso tutto si può creare un domani, una speranza e un appiglio.
J.P.