Fino al 25 luglio del 1943,i soldati italiani che si vedevano in giro per Corigliano,avevano un aspetto decoroso e non mancavano di ostentare un certo orgoglio per la divisa che indossavano. Intanto in Sicilia si combatteva per ostacolare quella inesorabile avanzata degli alleati. Subito dopo il 25 Luglio il prestigio della divisa e del comportamento dei civili nei confronti dei militari andò scemando fino a sfiorare il disprezzo. Si raccontava di un episodio avvenuto sulla linea ferroviaria Sibari-Corigliano. 

Il treno si era fermato in piena campagna per i consueti lavori sui binari dovuti ai frequenti bombardamenti alleati e,nel frattempo,un gruppetto di soldati della “Folgore”,le famose truppe d’assalto,scesero dal treno per sgranchirsi. Erano destinati al rinforzo delle truppe che cercavano di ostacolare l’avanzata degli alleati.Si sapeva che erano tutte “teste calde” il cui ardimento era noto persino agli inglesi che ne avevano subito l’aggressività e la temerarietà nel deserto libico.
Intanto,a ridosso della ferrovia,notarono delle piante di fichi,i dolcissimi e saporitissimi fichi di Calabria e, figuriamoci se si lasciavano pregare.In breve tempo fecero piazza pulita di quelli più maturi,finchè non arrivò il contadino,padrone di quei fichi,impugnando un’accetta,con l’aria minacciosa di voler fare una strage di parà,gridando “figli di p…”. Appena raggiunto il primo di quei parà,alzata l’accetta, stava per dare un fendente che il parà,prontamente, bloccò a mezz’aria afferrandola per il manico,e poi, cominciò,con quel manico,a percuoterlo violentemente, e non da meno furono i suoi camerati.
Lo lasciarono per terra,ammaccato e indolenzito,col viso ridotto ad una maschera. Il commento dei viaggiatori,almeno a giudicare da come fu raccontato dai molti viaggiatori presenti,fu solo di encomio per quei coraggiosi che andavano,forse,a morire in Sicilia, e ci fu qualche anziano,combattente della prima guerra mondiale,che commentò: <Allora,quando percorrevamo le stradine del Veneto per
ricongiungerci col grosso delle truppe,capitava spesso che non resistevamo alla tentazione di fare man bassa di mele o pere dei terreni adiacenti.Che ci fosse mai stato qualcuno che abbia inveito o ci abbia, addirittura,minacciato. Si affacciavano all’uscio,quelle brave contadine e,con un ampio e compiacente sorriso,esclamavano: “benedeti fioi”.
Benedeti fioi,non “figli di p…”,consapevoli che il valore di quei frutti sottratti non ci ripagava,neanche lontanamente,del rischio che noi,ragazzi spensierati,andavamo ad affrontare>.
Ma erano altri tempi,ed altri luoghi,ed i ruoli ed il contesto erano diversi.

Però,era ormai evidente che dopo il 25 Luglio incominciava a manifestarsi un palpabile allentamento della disciplina militare che culminò col collasso dell’otto settembre. Mio padre,una sera,tornò a casa con una bella coperta di lana in dotazione all’aeronautica militare con un vistoso ricamo dell’Aquila,simbolo della nostra aviazione,sovrastante alla sigla R.A.che stava per Regia Aeronautica. L’aveva acquistata da un aviere,in transito da Corigliano,con una camionetta dell’Aeronautica,che la vendette per pochi soldi.
A fine Agosto,da un militare alla guida di un camion che era destinato a portare fusti di benzina alle truppe impegnate al fronte,in Sicilia,acquistò un fusto da 200 litri di quel carburante, prezioso in quel momento di carestia. Intanto già i primi di settembre ci fu un traffico di automezzi di tedeschi,ormai in ritirata,destinati ad attestarsi sulla linea Gustav. Una camionetta si fermò davanti a casa mia e ne scese un graduato che,probabilmente,colpito dalla incomparabile bellezza del panorama di Corigliano,dominata da quella imponente presenza che è il castello,eseguì tutta una serie di scatti fotografici. Sul cassone scoperto era piazzata la famosa mitragliatrice da 20 mm,ben nota a noi ragazzi,per essere dotata di due canne,e destinata,prevalentemente,a batteria contraerea.
Sul sedile posteriore c’era un soldato che non guardò fuori dalla camionetta,nemmeno per curiosità,e non degnò di uno sguardo nemmeno il castello,e non ci guardò nemmeno. Tenne lo sguardo sempre rivolto in avanti,come se fissasse l’infinito.Finchè uno degli anziani che,come noi,guadava la scena,non ci fece notare che era quasi un bambino.Non un accenno di peluria sul viso,biondo,una pelle finissima,e avrà avuto al massimo 16 anni,ma gliene davi appena 14. Capimmo,finalmente.
Era un ragazzo impaurito travolto da eventi tragici che lo avevano sottratto anzitempo alle cure della mamma.

Subito dopo passarono inglesi a americani che ci colmarono. di biscuit,sigarette,cioccolata e Corned Beef. E stavolta la coperta di lana che portò a casa mio padre,era quella color mostarda acquistata da un nero americano che aveva aperto le “vendite” dal suo camion a Corigliano Scalo. Probabilmente,tranne il camion,vendette forse tutto quello di cui disponeva,ritenendo il tutto fuori controllo o verifica.


Poi cominciarono a girare per le case i trafficanti di roba americana e inglese,e i miei acquistarono un bellissimo pantalone “chinos”,in dotazione ai soldati americani,che calzarono perfettamente a mio fratello,quattordicenne,ma precocemente sviluppato.

E ci fu anche l’acquisto di un giubbino inglese che già per conformazione era adattabile a taglie diverse,e mio fratello. poi si prestava per “le physique di rôle”. Io,purtroppo,dovetti aspettare qualche anno ancora per poterli indossare,finchè non raggiunsi la “stazza” giusta, ovviamente già …consunti.

Tutti quei “rivenditori”,allegramente,vendevano quel che potevano ma,a pensarci,di quanta incoscienza erano dotati se,come immagino,molti di loro forse non arrivarono alla fine del conflitto,per andare incontro alla morte,o sul fronte di Sicilia,o sulla linea Gustav,o sulla line Gotica. Ci voleva ben altro che quegli spiccioli ricavati dalla vendita di una…coperta o di un fusto di benzina.

 

Ernesto SCURA