Guardare il mare (non è solo un invito ma anche un consiglio..) in questi giorni suscita sentimenti contrastanti. Gratitudine, ammirazione, rabbia e tristezza.
Gratitudine per esserci; ammirazione per uno spettacolo gratuito, affascinante, eterno e sempre nuovo e rabbia e tristezza per l’umiliazione, lo sfruttamento, l’indifferenza che questa meraviglia del creato continua a subire.
Tornando a temi più prosaici mi limito ad osservare la sempre presente scia marrone, lordura galleggiante e oscena che appare e scompare quasi a voler ribadire i limiti, la parzialtà di una felicità mai acquisita, intravista ed inafferrabile, eterno chiaroscuro dell’esistenza che mai come oggi ci pone difronte alle nostre responsabilità e colpe .
E’ la sopravvivenza del pianeta ad essere messa in discussione, una catastrofe più volte annunciata ma ancora colpevolmente sottovalutata
La questione ambientale cancella tutti gli altri accidenti, li nanizza. E allora, se con cocciutaggine e arroganza continuiamo ad ignorare i dati scientifici, proviamo ad ancorarci, Spes ultima dea, alla spiritualità o, meglio, all’eco-spiritualità, il senso del sacro potrà, forse, risvegliarci contribuendo a farci cambiare abitudini.
A fronte di un Papa, Alessandro VI°, che 500 anni fa equivocò il passo dell’Antico Testamento 1:28 traducendo radah con “dominare”, e dando così giustificazione allo sfruttamento selvaggio della Terra, un altro Papa, Francesco, nell’enciclica Laudato sì, definita dall’ecologista Bill McKibben «probabilmente il documento più importante di questo millennio», ha provveduto a rimettere a posto una verità che non possiamo più ignorare.
I testi biblici vanno interpretati nel loro contesto, con una giusta ermeneutica, essi ci invitano a “coltivare e custodire” il giardino del mondo (cfr Gen 2,15). Mentre “coltivare” significa arare o lavorare un terreno, “custodire” vuol dire proteggere, curare, preservare, conservare, vigilare non sfruttarlo, depredarlo, annientarlo ben oltre la capacità di rigenerazione. «Siamo qui per risvegliarci dall’illusione della nostra separazione dalla Natura». sancita da un’errata interpretazione biblica sul presunto sacro “dominio” sulla natura.
L’eco spiritualità porta a rivalutare il rapporto dell’individuo con l’ambiente, dove tutte le creature viventi, e lo stesso pianeta, vengono ad assumere un valore e una dignità equivalenti a quelli dell’uomo. Ecco allora che l’individuo non è più visto come il dominatore incontrastato del pianeta che abita, ma si trova ad essere in simbiosi con tutte le manifestazioni della vita in una comune esperienza planetaria che è parte di un’unica comunità ecologica che orbita nello spazio
Ciò implica una relazione di reciprocità responsabile tra essere umano e natura.
Quest’ incrocio di spiritualità, giustizia sociale e ambientalismo fa parte di un movimento chiamato “religione ed ecologia”: non è solo uno sforzo intellettuale, ma anche un campo accademico in crescita che vuol dare fiato a una forza morale nella società per comunicare meglio con il pianeta e proteggere i suoi sistemi vitali.
«Nel corso della storia», questo è ciò che predica Gore, «molti hanno compreso il loro rapporto con acqua, vento, fuoco e Terra nel contesto della loro relazione con Dio o con qualche genere di esseri divini. È un fenomeno profondo, antico, spesso innominato, ma che non va sottovalutato». È un tentativo di coltivare un aspetto spirituale e morale all’interno della discussione tra scienziati, ingegneri, imprenditori, avvocati e legislatori e, naturalmente, uomini di fede di diverse religioni, uomini saggi che rispolverano, sul tema dell’ambiente, insegnamenti eterni
Anche il mondo musulmano risponde all’appello di Francesco nella Laudato sì.
Al teologo islamico Hussein Rashid l’enciclica ha ricordato una figura di spicco dell’VII secolo : «Secondo lui, un credente deve avere quattro relazioni per rimanere in equilibrio: con Dio, con sé stesso, con gli altri, e con il resto della creazione».
Il fatto che, confessioni storicamente in competizione oggi trovino un punto d’incontro, ci fa riflettere sulla gravità del momento.
Oltre alle religioni monoteiste, l’eco-spiritualità non può non coinvolgere anche il confucianesimo, il taoismo, l’induismo e il buddhismo, e soprattutto il giainismo che ispirò nel Mahatma Gandhi il concetto di ahimsa, la non-violenza. È questa la religione pacifista forse più rispettosa dell’armonia con la natura e degli esseri viventi. «Abbiamo saccheggiato la natura, trattandola come mera risorsa, perché negli ultimi 500 anni abbiamo nutrito una visione del mondo molto diversa dai nostri progenitori».
Ed è per questo che forse, per fare un passo avanti con l’eco-spiritualità, occorre una presa di coscienza da parte della Cristianità, partendo proprio dal Santo Padre, e dalla sua enciclica.